Carnia

di Maria Lucia Rametta

Carnia è un nome gutturale, grosso, massiccio. Per pronunciarlo bisogna azzannarlo, masticarlo a bocca chiusa. Non si ingoia facilmente. Rimane di traverso come una lisca in gola.

Terra di confine.

Terra di monti e forre, di acque e grotte.

Terra di viandanti, fuggiaschi e contrabbandieri.

Terra di pastori, tagliaboschi e minatori.

Terra di soldati, guerre e terremoti.

La Carnia è una terra densa. Ha il peso specifico delle pietre di cui è fatta.

L’ho conosciuta nell’estate del 2024. avrebbe dovuto essere una tappa intermedia del mio girovagare.

E’ stata il mio approdo.

Prima di partire guardavo la Carnia sulla cartina autostradale.

L’avrei attraversata e consideravo le soste possibili.

Confini e montagne, due elementi di forte attrazione per me. Confini politici, geografici, culturali. Confini segnati dai crinali tra due valli. Tra il mondo sopra, nelle terre alte, e il mondo sotto.

La Carnia è un rettangolo chiuso e compiuto là dentro.

Da sempre trovo, nelle genti che abitano a ridosso di un confine, ciò che cerco. Una forza caparbia e una consapevolezza libera e pulita delle cose del mondo. Trovo coraggio, radicazione voluta.

La Carnia è fotografia dell’inesorabile incagliato sui volti, nei sassi e nelle vette, nei tronchi tagliati e nei boschi d’abete, nel passo flemmatico delle manze in alpeggio e nel fischio delle marmotte.

Il giorno dell’approdo mi siedo su un muretto a secco.

L’aria è fresca e sottile. L’odore della pietra mi calma e quello del muschio mi inebria. I boschi immobilizzano le vette, parete di un’immagine appesa. Avverto la robustezza di una terra piegata e mai divelta, forte ed elastica come un albero maestro.

La Carnia è inclemente: entra subito dentro.

Comincio a sentire che c’è un posto anche per me, al riparo dalle cattiverie del mondo. Al riparo da linguaggi violenti. Al riparo da un’umanità arsa dai bisogni indotti e dal consumismo facile.

In Carnia inizia il mio viaggio. esattamente dove mi fermo dopo tanto vagare.

Toccare i suoi tetti e i suoi sassi è toccare un terreno saldo.

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