Monte Triglav (o Tricorno) 2864m: il Triglav è la cima slovena più rappresentata e rappresentativa, nonchè la più alta delle Alpi Giulie. La vetta, la cui sagoma compare anche sulla bandiera slovena, è inserita nell’omonimo parco nazionale e salita in tutte le stagioni dai confinanti. Dalle mie impressioni è una montagna che sicuramente incute ripetto, non tanto quando si è nel circolo carsico in altura da cui parte la cuspide sommitale, quanto dal basso. Guardare la parete N con il suo salto di 1200 dalla Val Vrata ti fa sentire piccolo piccolo, ti stordisce. La via normale di accesso è quella che parte dal Rif. Triglavski Dom e che segue per cresta attrezzata verso la cima. Numerose le vie di accesso che portano al rifugio, dall’Italia conviene salire il “sentiero Prag”, oppure la ferrata che punta alla vetta direttamente dalla forcella Luknia.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
08-09.09.2012
Quant’era che non dormivo fuori casa? parecchio. Farlo in compagnia degli amici fidati è quasi un dovere ma tra il dire e il fare si sà…
All’appello rispondono in 2, ma va bene così. Ci attende la Slovenia e il suo Triglav, simbolo dell’identità nazionale. Le poche informazioni fornite da quei 4 gatti dei miei amici che ci son stati parlano di posti bellissimi, spero che questi 2 giorni ci regalino la conferma di queste affermazioni.
A Kraniska gora la sosta alla solita Gostlina è obbligata, sono le 12.30, di solito non si parte per l’Alpe a queste ore ma tant’è. La libagione ci accompagnerà a lungo, la mia digestione ne risentirà poi, sulle rampe del Prag e in rifugio.
A Mojstrana imbocchiamo a dx la strada della Valle Vrata entrando nel parco del Triglav. La strada alterna tratti sterrati a quelli asfaltati. C’è di tutto: dai ciclisti, agli escursionisti, ai turisti in cerca di sole stesi sul fiumiciattolo vicino.. E tante strade forestali che si dipartono in ogni dove verso luoghi non conosciuti.

Le auto sono ovunque, seminascoste nella boscaglia di faggio prospiciente la sterrata. La nostra meta è una decina di km più in su, in corrispondenza del parcheggio a pagamento (3,50€) vicino al rif. Aljazev Dom che più che rifugio è un albergo/ristorante.
Persone in ogni dove in atteggiamento sportivo, dai trekkers agli alpinisti con corde in spalla.
Alzo lo sguardo verso N-O e le pareti, con la luce delle 15, paiono quelle del parco dello Yosemite, alte e di uno strano grigio. Ci vestiamo rapidamente e partiamo verso il rifugio che ci ospiterà.. Il bello è che non sappiamo di preciso quale sarà! Percui, nel dubbio e visto il numero di auto parcheggiate, abbiamo la faccia tosta di entrare “nell’albergo” e domandare se ci sia posto per dormire nei rifugi in alto… La risposta assolutamente negativa non scalfisce il nostro buon’umore,da qualche parte bivaccheremo in caso, vedremo poi. Seguiamo il sentierone pianeggiante che sale la vallata verso la forcella Luknia e le indicazioni del “Prag n.1” evidenziato con grossi bolli bianco rossi..
Al monumento all’alpinista ci fermiamo come i bimbi con i loro balocchi..
In verità più che il moschettone di 2m mi impressiona quello che ci sta dietro, la parete N del Triglav che si eleva maestosa per 1200m, senza parole.

Oltre la boscaglia comincia a scemare, il sentiero comincia a salire, cominciamo a sudare.
In breve siamo all’attacco della vera salita del Prag, fin’ora si è cincischiato. Oltrepassiamo il rio dalle gorgoglianti acque e poco dopo comincia la salita vera e propria. Dal basso è difficile immaginarsi quello che seguirà nelle successive 2 ore.. La muraglia pare compatta e non mi spiego come si possa salirvici con un normale sentiero escursionistico.. Staremo a vedere!
Lasciamo l’erboso zoccolo per infilarci in un canalino, cominciano le attrezzature che alla fine in questo tratto sono anche superflue, tanta la gente che scende. il canalino è cosparso di vecchi fittoni resi lucenti dai passaggi, oltre questo tratto la quota va salendo e si segue lungamente verso sx la cengia di mughi che taglia tutta la base di questa porzione di parete. Ci sfilano parecchi “personaggi”, tutti con uno strano ghigno che compare al nostro avvistamento, chissà che pensano. Il sentiero sale ripido, non molla un attimo e i tratti attrezzati si susseguono veloci, magari solo per contornare qualche saltino su cenge più esposte. Tornanti di fina ghiaia, vecchi gradini di legno o addirittura scalini intagliati nella roccia.
Saliamo fino a girare uno speroncino e trovare il tratto attrezzato che aspettavo, saranno 20m di ferrata, ben protetta, da qua ci imbraghiamo non sapendo cosa ci attenderà poi; aspettiamo ovviamente che lo sloveno del caso con l’I-pad filmi la discesa delle attrezzature dei suoi amici… In montagna con l’I-Pad, non ho parole. Oltre il facile tratto attrezzato si continua a salire ripidi, il sole batte, il sentiero non molla un attimo. Altro tratto a fittoni, e si traversa ora verso la base delle pareti dall’altra parte del canalone. Una tipa impedita scende a ritmo di lumaca, immagino non arriverà all’auto prima del buio. Noi continuiamo spediti anche se le distanze mi fregano: tutto sembra più vicino di quello che in verità è!

Dopo un’altra serie di fittoni arriviamo in corrispondenza della parte finale che conduce al circolo sommitale. Comincio a sentire la fatica della digestione e tutta la sudata fatta. Continuiamo fino al bivio di quota 2200, dobbiamo scegliere se tentare la fortuna al rif. Valentina o al Triglavski Dom.. Direi che il primo, più basso, è quello che fa per noi, il cartello indica 35 minuti, per me sarà agonia a un passo dai crampi – che disastro!

La vista intanto si è aperta sulle cime circostanti, uno spettacolo. Saranno le 5, in cima al Triglav che da qui si comincia a vedere è pieno di gente, formichine in fila sulla cresta.
Passa uno stambecco, il primo animale che vedo da 3 ore..
Arriviamo al rifugio verso le 18, ci abbiamo messo circa 3.30h. Che spettacolo. La giornata se ne sta andando e la luce ha assunto i toni caldi del tramonto, non c’è una nuvola e l’ambiente è veramente scenografico.

Il rifugio è molto affollato, tentiamo la carta del sorriso con la gestrice dalla pelle raggrinzita.. Ad un attimo di iniziale sconcerto, ci pensa e offre alloggio in un vano deposito, il meglio che ha! Noi siam contenti, non dormiremo all’aperto, ci basta questo per renderci sereni. Il praticello di fuori accoglie le nostre chiappe stanche, ci godiamo il tramonto estasiati dallo sky line dello Jalovec in lontananza
La serata poi passerà allegra, tra birre e vivande all’aglio, riusciremo anche ad ottenere un inatteso posto in camerata.
Il risveglio è piuttosto brusco, con temperature fresche, odore di latrina slovena (d’altronde con quello che mangiano) e una colazione che dire “leggera” è dire poco.. Dovrò farmi bastare una fetta di pane con una stentata razione di marmellata… Ci incamminiamo verso l’obbiettivo che da qui è ben visibile, il sentiero sale in mezzacosta verso il Rif. Triglavski da dove partono le attrezzature per la cima. Arrivare al Dom ci porta via 50 minuti di sentiero a tratti attrezzato.
Al rifugio spira una brezza frizzante, la vista si è aperta sulle valli a meridione, anche oggi non c’è una nuvola in cielo. Da qui partiamo imbragati, la ferrata comincia poco più in la.

Risalito il primo zoccolo dirigiamo decisi verso il primo pilastro dove corre la ferrata – soliti fittoni e poi sul ripido cominciano i cavi. Le attrezzature guidano a girare il versante a meridione. Alcuni tratti, più facili, sono dotati unicamente dei soliti, lucidi, fittoni. La frequentazione è talmente alta che le rocce dove passa la via di salita sono tirate a lucido, sembra marmo e la cosa non mi rallegra molto, resto sempre con il dubbio sulla tenuta delle suole. Procediamo. Le mie condizioni impongono soste panoramiche. Si raggiunge un’aerea cresta con bella attraversata in direzione della cima principale, c’è parecchia gente che sta scendendo nonostante siano le 10 di mattina.
Sconcertante vedere bimbi di 4 anni che scendono nelle più disparate/disperate maniere, con genitori che pensano di assicurarli a dovere… Una mamma tiene la propria bimba legata con una specie di cintura, non imbrago, alla corda che ripassa 3/4 volte nella sua mano.. Immagino che una caduta della piccola porterebbe giù entrambe. Non so, io non mi vedo a portare il mio piccolino a 4/5 anni su per qua. Ma gli Sloveni son diversi, gente di montagna ma anche gente con poco giudizio: un trentenne con vesti borghesi ci sorpassa in discesa in uno dei punti più brutti, sembra che abbia le tarme nel culo, si e no si tiene al cordino, ovviamente non assicurato.
Dopo centainaia di Dober Dan, il saluto sloveno, comincio a salutare nelle più disparate maniere, dan, doberman, barman, mandi! In 2 gg 1 italiano su tutto il percorso!?! Solo sloveni e austriaci anche se siamo a pochi km dal confine.
Dopo numetrose fermate per far passare la gente, raggiungiamo il cartello che indica 30m alla cima (ma che cavolo l’han messo a fare?) e subito dopo ci stringiamo la mano vicino al “bivacco a forma di siluro” detto anche Aljazev Stolp, strana costruzione posta sulla cima della Slovenia. Obbiettivamente sembra di avere sott’occhio la cartina di mezza Europa, la vista spazia su un notevole raggio d’azione dalle Dolomiti ai Tauri alle Caravanche, al mare e alla pianura padana, veramente tanta roba. La bella giornata ci fa stare una buona mezz’ora in cima. Le iniziali voglie di compiere in anello la discesa verso la forcella Luknia utilizzando un’altra ferrata sono messe a tacere da un autoctono che in inglese riferisce grosse difficoltà in discesa.. Rientriamo quindi sulla via percorsa e poi deviamo subito a sx, attraversando il paesaggio lunare carsico del “ghiacciaio verde”, che in pratica non esiste più. Enormi bancate di calcare rotto solo dalla forza dei ghiacci dove ogni goccia d’acqua si perde nel cuore della terra gettandosi negli inghiottotoi che sono ovunque. Tutto molto bianco, sembra un deserto di sale. Il sole batte, sudo come e più del giorno prima.
La discesa si rivelerà infinita, nel miraggio dell’acqua che scorre 1400m più in basso. In totale sarà 1800m circa il dislivello da fare in discesa.
Assistiamo ad un volo di base jamping di un manipolo di avventurosi, poc’anzi portati in cima alla parete con l’elicottero.. Che adrenalina! … Il nostro sentiero invece sarà il contrario dell’adrenalina, una solfa in discesa che mi distrugge.. 2.30h dopo sono con i piedi nel rivolo di acqua ghiacciata che sgorga sotto alla N del Triglav, fatta anche questa!
Omarut, Stefano e Piut
