Creton dell’Arco 2357m: cima panoramica e rocciosa, distende la sua dorsale dal passo dell’Arco a N e l’intaglio che lo separa dalle vicine cime di Rio Bianco e Creton di Culzei. L’accesso più facile, reso tale dalla realizzazione della “ferrata Simone”, avviene dal passo dell’Arco seguendo tracce di sentiero e attrezzature fisse fino alla dorsale di vetta.
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23.09.2012
L’autunno oramai è alle porte. La sento, la vivo oggi. In arrivo come ogni anno è anche la malinconia che mi prende in questo periodo, nel ricordo delle calda giornate passate al sole, magari su qualche bella parete delle montagne carniche.
Oggi è proprio autunno, lo si vede dal cielo grigio, dalle nebbie persistenti, dai fungaioli della domenica muniti di cestino e stivali che sbucano dai cespugli qui nei pressi della baita pista nera dove abbiamo parcheggiato.
L’iniziale allungamento del percorso non ci dà fastidio più di tanto, 10 minuti in più per belle radure dove 2 chalet “alla vecchia” fanno la loro porca figura e ti fan pensare al trasferimento immediato di residenza in questi bei posti. Al contrario della Carnia, qua di turismo se ne intendono, si vede dalla cura dei luoghi e dallo stato delle cose. La conferma avviene anche poco più in su, verso il laghetto della pesca sportiva ove parte in sent. CAI 317 diretto al Passo dell’Arco.. Uno specchio di acqua limpida, con qualche trota che nuota tranquilla, dev’esser bello fermarsi sulle sponde nelle giornate assolate a godere di questa pace.
Noi oggi pace non ne abbiamo, come sempre del resto. Rido sotto i baffi a pensare che si parte sempre con quella di fare una tranquilla gita domenicale e trovarsi poi a una gara di corsa in montagna camuffata sotto abiti borghesi; aggiungiamo poi che oggi l’amico Pelle è stato svegliato dal mio telefono e che siamo partiti con 30 min di ritardo, ecco spiegata l’andatura della restante ora successiva. Ansimanti e fradici di sudore, per la corsa e per l’umido, oltrepassiamo il primo tratto di facile mulattiera e le successive serpentine su terreno via via più ripido e ghiaioso. Fra mughi particolarmente odorosi di questo periodo, larici ancora verdi e una zona di piante schiantate al suolo per valanga o tromba d’aria chissà, guadagnamo velocemente quota.

In alto, quando ci accorgiamo che siamo sovrsastati dalle pareti, siamo già verso il passo dell’Arco e ce ne rendiamo conto solo all’ultimo momento, attirati da questo fenomeno naturale di erosione, assimilabile in misura molto minore a quelli dei parchi nazionali degli USA. La salita dell’ultimo tratto è ripida ma agevolata da vecchi gradoni di legno che resistono alle ghiaie sfuggenti e alla forza di gravità che nel giro di qualche anno li trasporterà giocoforza verso valle.

Ci abbiamo messo 1 ora da valle.
Al passo hanno eretto una piccola costruzione in ricordo di tanti amici del soccorso che sono andati avanti. Ci sono i 4 dell’elicottero Falco, c’è Simone a cui è dedicata la ferrata che saliremo, c’è anche Andrea di Tolmezzo. Mi fa piacere trovare una sua foto quassu. Un pensiero a lui è d’obbligo.
Ci imbraghiamo, la ferrata dovrebbe iniziare a breve. Seguiamo quindi delle tracce su ripidi che portano a un primo ballatoio da dove parte il primo cavo; la salita è semplice, si e no di I°. Non si vede un fico secco.

Segue un alternarsi di balze, terrazzoni di ghiaia e attrezzature, sempre su modeste difficoltà. Si aggira tutta la dorsale verso destra fino ad incunearsi in alcuni canali detritici dove sono presenti 2 tratti più atletici che guidano al facile spallone finale; dove necesario sono state ancorate anche delle zanche per agevolare la salita. Si ride e si scherza.. Verso la cima si attreversa una dorsale con delle profonde fessure di cui non si intuisce il fondo, fenomeni geologici impressionanti che lasciano esterrefatti. Arriviamo alla cima senza rendercene conto, se non per un grosso ammasso di sassoni a cui contribuisco posandone un altro.

Strette di mano e cambio di indumenti, la giacca conforta dal venticello fresco che si è alzato.
Rientriamo al passo senza difficoltà guidati dagli ometti e dai segni rossi presenti frequentemente.
Cerco invano per 5 minuti i bastoncini che in precedenza avevo occultato velocemente.. Niente. Me li hanno fregati! Robe da matti, con ste condizioni meteo c’è gente che va in giro a fregare bastoncini a 1900m di quota.
Selva di bestemmie degli amici, io mi limito perchè bestemmiare mi infastidisce, però snocciolo altri improperi contro i ladri d’alta quota.
Sul quaderno della cappelletta trovo il passaggio di una comitiva di Cividale e altri 3 escursionisti, probabilmente incrociati in salita..
Inviperito parto per una delle discese più veloci della carriera, in 20 minuti sono al laghetto. La discesa è animata dai discorsi di come venire alle mani in maniera più o meno veemente con i ladri..
Sono a basso dopo circa 3h da quando abbiam lasciato l’auto.
Al laghetto chiedo info a 2 tipi che fanno il pic nic… Niente da fare, è passata solo una famigliola con bimbi. Immagino non siano loro e sto per rassegnarmi quando poco oltre, dallo zaino del bimbo, sbucano fiduciose di ricongiungersi al legittimo proprietario le mie bacchette!!
Incenerisco la famigliola. La madre sbianca e si aliena. Il padre, probabile mente del furto, inizia dei borbottanti discorsi vaneggianti che io zittisco a suon di improperi.. Dopo un pò mi limito a prendere i bastoncini ed allontanarmi, per rispetto del bimbo.
Chi crede nell’etica romantica dell’Alpe, nei valori dell’alta quota, la generosità, bla bla bla (come il sottoscritto) deve ricredersi perchè sono legati ad un’altra epoca! Questa è l’ennesima lezione che mi viene data dalla gente in montagna.
Rispetto quasi di più chi frega la macchina in città! Che padre è uno che insegna questi gesti a suo figlio?!?! E poi ci (mi) lamentiamo che i giovani di oggi sono tutti degli svogliati figli di papà, difesi a spada tratta da genitori che spesso sono peggio di loro… A questo ci voleva une bella lezione applicando “la legge del taglione” e non dubito che assieme ai miei amici la pena potesse esser data seduta stante.. Ma son stato troppo ben educato dai miei a rispettare gli altri e forse anche chi rispetto non ne merita. Fattostà che senza discesa frettolosa di 20minuti a rotta di collo avrei perso 70€ di materiale.. A queste personcine dico”statevene a casa!” Le montagne non hanno bisogno di voi!
Info utili: la ferrata Simone si raggiunge partendo da Sappada prendendo la strada dietro alla chiesa. In fondo alla discesa, sulla dx, c’è una stradella che porta al laghetto della pesca sportiva e da qui il sent 317 porta al passo dell’Arco in circa 1.45h. Dal passo poco più su parte la ferrata Simone, che presenta difficoltà contenute a parte 2 passaggi leggermente più impegnativi. 1.30h tranquilla per la cima. Rientro lungo la via di salita.
Omarut, Sbriz e Pelle
Orpo Omar.. te ne è capitata una proprio bella.. condivido in tutto e per tutto le tue considerazioni. Peccato x la nebbia, lassù è uno spettacolo..
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Con l’immaginazione il panorama era grandioso.. Ma dal vero immagino sia meglio! 🙂 .. e grazie del bellissimo commento sul concorso per blogs, ti pago da bere!
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Cercando info su questa ferrata, son ricapitata sul tuo blog e mi son letta con interesse il tuo racconto…volevo proprio sapere come era andata a finire!!! che vergogna di gente!!! spero tu non sia stato troppo gentile con gli improperi!!!
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Purtroppo credo di si! Me ne sono andato per rispetto dei bimbi altrimenti finiva male, soprattutto per la presenza di un amico nella mia comitiva “unpò scjaldinoos” (come si dice quassù :-), ciao Nadia
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