Week end di ghiaccio

23-24.01.2016

Chiamiamolo inverno, intestardiamoci.

Cerchiamo quel freddo che ci fa battere i denti, perdere la sensibilità alle mani, sentire appieno quanta aria possiamo respirare. Perché ci pensavo ieri, mentre assieme a Marco vagavo per boscaglie e greti di un torrente in secca. D’inverno senti il tuo essere, quello vero, riesci a comprendere inspirando l’aria gelida quanto grandi sono quei 2 contenitori di vita chiamati polmoni. In altre stagioni non è possibile, o comunque lo è in maniera minore. Condizione questa che fa rabbrividire, chi in maniera positiva, chi invece in maniera tremendamente negativa.

La maggioranza delle persone fantastica di caminetti accesi, coperte e the caldi. Altri sognano di neve e ghiaccio, non chiedendo altro alla provvidenza se non di battere i denti mentre fanno cose fantastiche realizzabili unicamente d’inverno. Almeno in Carnia.

Stare al freddo mi piace, vagare per gli asettici ambienti invernali tra distese di neve candida, chiaroscuri di aghi ghiacciati, brine come sculture di un artista incredibilmente bravo e laborioso è una condizione che mi fa stare bene.

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D’inverno l’aria si fa arida. Libera dall’umidità ti penetra dentro fin nel profondo del tuo essere, nelle viscere. Ti fa capire quanto sei e come sia bello vagare per monti e selve in questa che dovrebbe essere la stagione del candore.

Purtroppo questo inverno stenta “a decollare”. Lievi barlumi del “generale” si sono fatti sentire gli scorsi giorni abbassando le temperature al di sotto dello zero. Neve nemmeno per idea, una parola da non nominare quest’anno.

D’inverno la montagna mostra le sue rughe bianche. Nascono qua e la, dalle pareti, in mezzo ai boschi, tra i sassi. Sono segni talmente evidenti che si lasciano vedere da lontano, anche dal fondovalle. Lacrime ibernate di una terra che piange quest’anno perché la neve non arriva.

So per certo che alcune linee di ghiaccio si sono formate e l’attimo va colto subito, domani potrebbe già esser troppo tardi. Perchè purtroppo c’ho il vizio di essere tremendamente attirato da linee che gli altri alpinisti, specialisti dell’ice climbing al contrario di me, non prendono nemmeno in considerazione. Ho il vizio di vagare per boschi in cerca del tesoro bianco nascosto, tesoro che il 99% delle volte, ovviamente, non trovo. Eppure la speranza di scovare scivoli ghiacciati, stalattiti e muri gelidi ancora inaccessi alimenta il mio entusiasmo infinito.

E’ così che per caso noto nell’ombra dei boschi di Fusea una linea bianca, netta ad incidere la terra scura. “Dev’essere una cascata o qualcosa del genere” mi son detto.

 

Torno con Marco sul luogo dell’avvistamento per capire la maniera ideale per giungere ai piedi della struttura. Proviamo dal basso, dai boschi della sottostante frazione di Casanova, risalendo un Rio dal carattere aspro dove le frane ingombrano senza soluzione di continuità il fondo del torrente. Ma la via non è quella giusta.

Traversiamo in quota boscose pendici verso quello che si rivelerà il greto giusto, seppur irraggiungibile dalla nostra posizione per i grossi salti verticali. Allora altra tattica, raggiungere il ghiaccio da sopra. Così facciamo salendo poco sotto l’abitato di Fusea e scendendone i boschi, piuttosto intricati, che fanno da spettatori allo spettacolare alveo di un piccolo torrentello di montagna in secca. La natura ha avuto tempo per impegnarsi e raggiungere un risultato ammirevole: il fondo del ruscello è un continuo susseguirsi di marmitte dalle forme più strane, piscine naturali dalle acque nere, rocce lisciate ricoperte del velluto del muschio. Stavolta c’abbiamo preso e mettiamo la testa oltre una clessidra naturale, forse la più grande che abbia mai visto. Il salto è qui davanti a noi, non proprio verticale ma il ghiaccio c’è e visto il tempo impiegato per raggiungere questa linea tantovale farci un giro con le picche.

Sostiamo su questa enorme colonna riversa, per racchiuderla dovremo usare 2 fettucce cucite, di quelle lunghe, giuntate assieme. Mi faccio calare fino a che la corda lo permette, sono 60 metri tondi tondi, o meglio dire stesi, che mi studio curioso mentre Marco procede nella manovra.

Sul fondo comincio la risalita, una goulotte dalle dimensioni rosicate, stretta e dal ghiaccio poco spesso. Tuttavia le becche aderiscono bene, non serve violenza nel battere i manici. Risalgo fino a Marco per il suo turno.

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“Funamboli del Trapezio”

Pomeriggio dai connotati esplorativi, immaginando sia la prima salita di questa linea gli daremo il nome di “funamboli del trapezio”, dedicata alla mia compagna bloccata a casa da un fulminante mal di schiena. A volte so essere molto simpatico.

Domenica altre idee mi frullano in testa, stavolta verso Pontebba.

Parcheggiamo l’auto nei pressi del ponte sul Rio Bombaso e scendiamo verso il greto dell’omonimo torrente per guadagnare la base di un canale in cui si sviluppa una bella linea bianca. Purtroppo per noi, il ghiaccio c’è ma non è così continuo da consentirne una salita in sicurezza. Peccato veramente, a occhio sarebbero state 4 lunghezze simpatiche. Poco male, l’alternativa c’è sempre e, stavolta, è anche vicina.

Risaliamo verso monte il torrente, equilibrandoci sui sassoni che la forza delle acque sta portando inesorabilmente verso il mare. Turisti di pietra che scelgono la “partenza intelligente”, arriveranno in spiaggia fra qualche millennio. Preferiscono lasciare la loro terra natia il più lentamente possibile, alla fine qualcosa ci accomuna.

Oltre il ponte la cascata di ghiaccio si delinea evidente, con le sue stalattiti bianche e le sue placche ghiacciate e compatte. Dal basso tuttavia una salita implicherebbe il rischio di fare un bel bagno nel fiumiciattolo assieme all’intera struttura, fa caldo e decidiamo di non “stressare” troppo la bella dama bianca. Ci caliamo quindi dall’alto, in maniera discreta a turno ne saggiamo la consistenza, l’abbracciamo con le picche ed è amore a prima vista. Una struttura che ci piace, con prospettive che si potrebbero ulteriormente ingrandire verso l’alto se solo l’inverno si degnasse di metterci un po’ di buona volontà.. Ma quest’anno è dura, da domani l’inversione termica non darà tregua alla nostra bella e pare che Lei già sappia il suo destino.

Le cascate di ghiaccio in fondo hanno un’anima e vivono. Parlano a modo loro, con schiocchi secchi quando il freddo gli fa compagnia, in quei momenti sono pasciute e contente. Ai primi caldi le cascate piangono, le loro lacrime si gettano a terra assieme ai pezzi della loro essenza. E’ così che ci salutiamo, Lei piange per la nostra partenza. Le abbiamo tenuto compagnia per un paio d’ore, ma è solo un arrivederci, a domani o al prossimo anno chi lo sa.

Omarut e Marco

Informazioni utili:

La goulotte “Funamboli del Trapezio” si raggiunge preferibilmente dal basso seguendo il sentiero CAI 162 che da Casanova porta alla frazione di Cazzaso. Evidente la partenza in corrispondenza dell’unico attraversamento del sentiero su tratto roccioso con attrezzature artigianali (cordino a sbalzo). Salita tecnicamente facile ma difficilmente proteggibile. Lunghezza 60m, difficoltà stimata II°-2

La cascata “A Bomasso” è raggiungibile seguendo da Pontebba la strada che porta a Pramollo. La struttura è evidente sulla sinistra del ponte che attraversa il Rio Bombaso, poco prima delle gallerie. Si guadagna la base della cascata scendendo lungo la scarpata poco prima dell’inizio del ponte. In base alle condizioni meteo la linea può raggiungere le 3 lunghezze di corda. Come salita da noi sono 30m di lunghezza/altezza, difficoltà stimata II°-3/3+ a seconda della linea prescelta (possibili 3 linee distinte di salita).

Il video..

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