Doveva essere questo il giorno giusto, uno di quelli in cui ti ci trovi dentro, senza aver pianificato nulla, senza capire cosa ci fai lì sotto ma ora ci sei, e, se non altro, devi una chanche a te stesso.

Ci avevi pensato in passato? No, bastava l’idea di quella salita che già i brividi si sentivano sulla pelle delle braccia
Troppo per te, montanaro “subacqueo”, con le gambe fiacche da una marea di giorni passati lontano dal tuo elemento montagna, con le spalle stanche, con le mani morbide di chi è troppo tempo che non stringe roccia amica.
Troppo per te ma, a volte, per egoismo o il fottuto entusiasmo d’un tempo che non vuole abbandonarti, ci provi.
Le prime rampe, i primi dislivelli. Quando il cuore ancora giace nel torpore di credersi al sicuro. Le prime rampe non fanno una salita. Sulle prime rampe puoi avere anche la saccenza di pensare “Beh, tutto qui?” o la spavalderia del “Pensavo molto peggio, questa è una stupidata!”
Ma la salita, questa salita, diventa viva man mano, al passare del tempo. Sali, sali e non serve guardarti attorno perché nemmeno i panorami alleviano quel vicolo buio in cui ti stai, volutamente, buttando a capofitto. E intanto il cuore non è più ozioso e comincia a ringhiarti contro le sue preoccupazioni, le sue paure.. Ti han detto di stare a casa che non sono giorni per andare a zonzo, di stare a casa che può succedere qualcosa. Di non metterti nei pericoli; ma tu non hai voluto dare retta, pensavi di essere più forte di qualsiasi critica e giudizio.
E ora sei lì, un passo dopo l’altro che arranchi verso l’alto. Senza un riferimento, il tempo si è eclissato in quell’infinità di segmenti orizzontali tutti uguali su cui poggi, sempre più pesantemente, i tuoi piedi.
Nella tua fatica quasi non t’accorgi che, a breve distanza, un Felis Catus (gatto domestico) ti sta guardando di sottecchi. Lui, abitante di questi spazi, girovago e vagabondo notturno, porta in volto quell’espressione di pena nei tuoi confronti che – forzatamente – fai finta di non vedere.

Stringi i denti e vai avanti
L’aria si fa fina e rarefatta verso quell’ultimo muro grigio. La solitudine è totale, nessuno ti può vedere perché gli altri, i tuoi amici e compagni di altre mille salite, questa volta hanno detto NO. Ed è un no che pesa e affonda fino in fondo al cuore, ai polmoni, alle gambe che si sono fatte di piombo.
Un provvidenziale corrimano offre l’ultimo aiuto a mantenere l’equilibrio, proprio quando i tuoi occhi cominciavano ad annebbiarsi con il sudore della fronte. Il cuore è una mitraglia che spara a salve.
E sei in cima.
Dannata cima conquistata a bestemmie e disprezzo. Non c’è gloria quassù per te, nemmeno vento, nemmeno luce nemmeno farfalle. Nemmeno pietre, alberi, sole.
Uno scuro antro dove giace una lettiera per gatti e 2 porte. Non era questo che immaginavi ma sei vivo e ti aspetta il rientro. Dicono che una salita sia finita solo quando rientri a valle, per oggi basterà così, a sfamare la tua voglia di fuga.
Info tecniche: la salita delle scale di casa è classificabile come percorso escursionistico “E” e non presenta particolari criticità. Lungo il tragitto è sempre presente un corrimano che agevola sia l’ascesa che la discesa. Dislivello complessivo + 7.5m. Tempistiche: andata e ritorno in 36 sec.
Affrontabile con calzature consone (meglio non ciabatte), per l’abbigliamento è piuttosto indifferente. Escursione fattibile con qualsiasi condizione meteo
Partenza dalla località “ingresso” nei pressi della strada principale.
Facciamoci una risata in questo periodo, ne abbiamo tutti bisogno. Per ora #iorestoacasa
(Ripetuta 60 volte sono 450m di salita, non male per essere indoor).

Repetita juvant (o scalini omologhi)
Ogni volta é diversa
perché muta il pensiero
così come l’aria
scorrendo mente ed alveoli
socchiusi scrigni preziosi
continuamente
differisce da sé
perché la distrazione
dimora negli attimi
rendendoci sempre diversi
probabilmente mai
realmente noi stessi.
Dree
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Buongiorno,
la tua descrizione del percorso é meno dettagliata del solito,se lo si volesse affrontare: manca perlomeno il numero di scalini,l’alzata e la pedata. 😀
Vedo che il sentiero gira stretto e potrebbe essere insidioso in discesa, data la pedata variabile,per cui piu’ si taglia,piu’ l’appoggio risulta essere risicato.Comunque 450 m di ascesa su legno se non sono da Guinness dei primati,poco ci manca.Piu’ o meno quattro volte la sequoia conosciuta come piu’ alta del pianeta.
Una curiosita’: i 36 secondi impiegati per andata e ritorno sono calcolati su una singola ripetuta,oppure come media delle 60 ascese? Perche’ nel secondo caso: complimentoni! Soprattutto in assenza di scivoloni. Supponendo in 22 secondi il tempo necessario per ascendere staremmo comunque parlando di una VAM di circa 1230.
Mandi
P.S. Nell’inizio della descrizione,nella home,é rimasta incorporata una didascalia.
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Mi fai sorridere veramente! Grande!! 🙂 I 36 secondi sono sulla media, ho calato a 52 ripetute ma ci metto dentro anche le flessioni ogni 10 rampe di scale :-). Il VAM è un termine tecnico atletico/agonista a cui mi sono sempre sottratto volentieri, se segui i miei post sai che non punto sulla prestazione. Ad oggi, e incrocio le dita, nessun ruzzolone in discesa per il quale abbia dovuto attivare il soccorso alpino!! Grazie del commento 😉
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Anch’io non punto sulla prestazione,soprattutto non lo facevo da giovane,difatti di quelle ripetute sul divano… 😀
Comunque 36 secondi sono una gran bella bestia e,una volta tanto,la “velocità” é un valore aggiunto per un maschio 😀
Le flessioni sono sulle braccia spero (quante,di grazia?) e non a massacrare ulteriormente i quadricipiti femorali. Per cause di forza maggiore anche io ogni tanto (il meno possibile) mi diletto nella scalata di pedate in monocottura nazionalpopolare,arricchite di livello (é proprio il caso di dirlo) da alzate in marmo.Abitando in pedemontana,pero’,i dislivelli non sono paragonabili.
Comunque é una bella lotta fra ripetute ripetitive e rulli-bici,su quale delle due attivita’ sportive sia più avvincente.Io,come ultima via estrema di fuga,opterei per la lap-dance. Fatta da me,pero’,non da una ballerina…
Devo confessare di essermi trattenuto nel mio commento precedente: a fronte di singole via di arrampicata con una propria denominazione,mi veniva spontaneo chiederti: “Come mai non hai dato un nome ad ogni singolo scalino?” 😉 (ma magari semplicemente io ignoro cio’)
A casa mia potrei farlo ma,causa segnali precoci di demenza (per cui perdo il conto delle ripetute,convivo con pensieri “parassiti” e non sono mai me stesso (eheheheheheh) ) li dimenticherei certamente,inciamperei nei loro nomi,confondendo i miei passi rotolanti.
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