di Bruna Scjarazule
Il luogo dove nasci è un po’ come i parenti: non te li scegli, ti capitano e te li tieni, nel bene e nel male. Ti assomigliano, ci devi andar d’accordo e, se sei fortunato, riesci pure a volergli bene. Ma l’amore della tua vita , quello te lo scegli! Magari è un colpo di fulmine, oppure è un lento avvicinamento, ma all’improvviso o lentamente te lo sei scelto. Puoi pensare sia stato il destino ma sei stato tu, che avresti potuto guardare altrove e invece non gli hai staccato gli occhi di dosso e te ne sei innamorato. E così tutti i tuoi passi ti hanno portato fin lì.
Ed è un po’ come scegliere il tuo luogo del cuore, il posto in cui vorresti vivere, invecchiare, forse, o almeno rifugiarti per un po’. Il posto a cui pensi quando vuoi sfuggire dalla piattezza della vita, dalla grettezza della routine quotidiana.
Non mi sono mai innamorata della ricchezza e dello sfarzo. Il lusso e il ” trandy” spesso mi mettono a disagio. Mi ha sempre affascinato chi sa superare le difficoltà, chi ha un passato fatto di fatica, chi ha la forza di risalire nonostante tutto. Mi intriga chi sa parlare diverse lingue e quindi contiene in sé diverse culture e ha diversi punti di vista. Amo l’asprezza delle rocce aguzze e candide e il verde dei pascoli. Amo sentir parlare la mia lingua ( è sempre quello che mi manca di più quando viaggio) e resto estasiata – fin quasi a sembrare un po’ rintronata – quando sento i suoni e le parole arcaiche del friulano carnico. E così credo che tutto questo mi abbia portato in questa valle in cui parlano un friulano antico fatto di suoni dolci e aspri.

In questo canale lungo e stretto nato dal lavoro incessante del torrente che ha scavato la valle glaciale pre-esistente creando così due piani diversi: il fondovalle e l’altopiano. L’altopiano più bello del Friuli. In questa valle che si incunea fra due maestosi massicci e che sale fino alla sella più nevosa delle Alpi friulane. In questi paesi che avrebbero dovuto essere sommersi dall’acqua di un lago artificiale ma che forse la vicinanza al confine, alla ” cortina di ferro” ha salvato dall’essere cancellati dalla carta geografica; che sono stati scossi e feriti dal terremoto e abbandonati da chi voleva una vita migliore; che sono stati sfiorati da un incendio spaventoso che in pochi giorni ha carbonizzato un bosco millenario.
In questa valle che rinasce ogni primavera dopo un inverno senza un raggio di sole. Un posto magico, in bilico tra il tempo antico, fatto di gesti e ritmi lenti e saggi, legato ai cicli della natura e il futuro che scorre veloce appeso alla fune d’acciaio di una funivia senza piloni. Un luogo dove puoi iniziare la giornata sciando in Italia e continuare in Slovenia e finirla ascoltando il racconto di chi, negli stessi luoghi, da ragazzino, fu catturato dai “graniciari” e portato per un giorno e una notte in una cella oltre cortina. E così mi sono innamorata anche della gente di questa valle. Degli uomini dalle mani forti e dal cuore grande, delle donne dagli occhi verdi come le acque del loro torrente e il sorriso di bambine e dei ragazzi che restano aggrappati a questi versanti, a questi pascoli, a queste case inventandosi e reinventandosi mille mestieri pur di continuare a vivere qui. Nelle stradine, nei cortili dei paesi di case di pietra si sente parlare una lingua diversa a ogni angolo: italiano, friulano, sloveno e tedesco -perché Austria e Slovenia sono lì a un passo- ma anche inglese – perché i giovani lo hanno studiato, i più grandi hanno lavorato con i turisti inglesi e americani e qualcuno di essi ha perfino scelto di rimanere qui – e francese – perché gli uomini, emigrati in Francia, sono tornati con le mogli e i figli nati là-.

Gente abituata a vivere fra la gente. Persone con un grande senso pratico ma anche un acutissimo “sense of humor” e un senso del bello che pervade tutto ciò che fanno: sia esso un quadro, una catasta di legna, delle candele profumate, un berretto di lana, un’aiuola in giardino o una foto. Forse perchè vivono in mezzo alla bellezza pura e rude di queste montagne e la respirano, la assorbono.
E così mi ritrovo qui, a camminare sui sentieri che collegano paesi abbandonati o di poche anime ma che per me hanno il fascino unico della valle che ho scelto. Cercherò qualche amico, qualche amica… guarderò le nevi sciolte del Canin scendere scroscianti e formare la colonna d’acqua del Fontanon e forse salirò ai Piani del Montasio o andrò a Patocco a scambiare due parole in inglese con il custode di tutto il paese. Certo mi sentirò a casa… in Val Raccolana.

Un bellissimo articolo, davvero, uno di quelli che tocca il cuore! Abbiamo scoperto la Val Raccolana in una bellissima e fredda giornata autunnale dello scorso ottobre: partendo da Chiusaforte siamo arrivati a Sella Nevea e Altopiano del Montasio. Il paesaggio e la sua bellezza selvaggia ci hanno conquistati dalla prima pedalata…non vediamo davvero l’ora di ammirare la Val Raccolana vestita di primavera ❤️
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Ah,ma allora non fai unicamente l’istigatrice alla trasgressione (vedi alla voce: come poter raggiungere la Val Saisera in tempi di parziale chiusura sociale causa Covid) ! Proprio per questa tua preferenza,sopra descritta,la macro-micro-ricamo vallata Saisera sarà rimasta comunque molto molto delusa…A questo punto,però,un tuo racconto storico descrittivo della destra Raccolana,dal primo tornante per salire a Patocco,sino praticamente al fontanone,ci starebbe tutto. A raccontarci di realtà fantasma, sensazioni eteree (ed eterne) e ricordi d’altri, netti stagliati come scolpiti in un massello di storia finita.
Ok,quando ci sono salito io l’ultima volta,sul Cimone praticamente i trilobiti facevano ancora il bagnetto nell’acqua tiepida e se non erano li si trovavano nello stabilimento attiguo,ma sbaglio o il bivacco é piuttosto recente?
P.S. Con il “custode” hai mai provato con l’italiano se non proprio con il friulano? 😀
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Non ricordo di aver mai “istigato” a uscire in Val Saisera nel periodo della serrata, forse posso aver suggerito di visitarla dopo la fine del lockdown. Apprezzo molto quella valle ma… al cuore non si comanda! Se ne avrò l’occasione scriverò anche di Valbruna e della Val Saisera. Il resto sono ricordi, emozioni e sensazioni: in fondo siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti… i trilobiti!
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Ciao,
ho scherzato sul fatto che,sul profilo che sai, tu abbia consigliato “attivita’ motorie” per potersi allontanare da casa ed effettuare un’escursione (podistica o culinaria “tache-vuei”,chissa’…) in un bel posto. Il consiglio poi era sia lecito che azzeccato,quindi…
Dai,pero’,per favore,non scrivere il pezzo su Valbruna-Val Saisera sennò sembra che tu lo faccia solo per accontentare un presunto disperato! 😀
Piu’ che la materia,comunque,é la “filosofia” che ci accomuna ai trolobiti: ognuno é libero di fossilizzarsi sulla (nella) valle che preferisce.Simbolicamente e,potendo e volendo scegliere l’ultimo mare,anche no.
Mandi.
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