di Bruna Scjarazule
In merito alla GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA MONTAGNA.
Le Alpi e gli Appennini, i Carpazi, i Tauri, i Tatra, i Pirenei, le Alpi Scandinave ( Skanderna/ Kjølen) e, là in fondo, gli Urali sono la spina dorsale dell’Europa.
Se non ci fossero non esisterebbero nemmeno le pianure, le colline, i fiumi e i fiordi europei ; non ci sarebbe l’Europa.
Le montagne europee sono connesse con quelle degli altri continenti. I sistemi montuosi della Scandinavia, della Scozia, dell’Irlanda sono geologicamente connessi con i Monti Appalachi del Nord America, poichè formati tutti dalla cosiddetta orogenesi caledoniana, avvenuta nel Paleozoico. Questi gruppi montuosi si pensa che formassero un’ unica grande catena che si ergeva nella Pangea, il supercontinente primordiale.
Nel tardo Mesozoico, invece, si è formata la catena Alpino-Himalayana che connette geologicamente le Alpi e gli Appennini e l’Atlante, i Pirenei, i Carpazi, i monti del Caucaso, dell’Iran e del Pamir all’Himalaya e ai monti sudoccidentali della Cina e a quelli dell’Indocina.
Una ” cintura” che percorre l’Eurosia per decine di migliaia di chilometri formatasi dalla collusione di due placche continentali e dalla sparizione della Tetide, il mare primordiale che le divideva.
Le montagne sono sempre state abitate dagli uomini che trovavano rifugio nelle loro grotte, selvaggina nei loro boschi e legna nelle loro foreste.
Le nostre montagne toccarono il picco di massima popolosità negli anni ’20 dello scorso secolo.
Guardando i grafici dei nostri paesi si vede che le valli accoglievano anche cinque volte il numero di abitanti che accolgono adesso. Alcuni villaggi, ora abbandonati, erano paesi abitati da centinaia di persone.
Cosa innescò lo spopolamento? Non è un caso che iniziò agli albori del ventennio fascista. La politica centralista dello stato richiedeva manodopera in pianura (per le bonifiche agrarie, per coltivare le nuove terre, per le prime fabbriche) e il controllo della popolazione. Come si potevano controllare valligiani e montanari sparsi fra boschi e pascoli?
I montanari, anche i più ” timorati di Dio e dello Stato” sono sempre, per forza di cose, un po’ anarchici e ribelli al potere centrale. Si sono sempre organizzati in piccole comunità autosufficienti, indipendenti economicamente e, laddove possibile, politicamente. Fieri della loro indipendenza e autonomia accettano con riluttanza l’intervento di un potere lontano e ignaro delle difficoltà della vita nelle terre alte e della sua precarietà.
Il ventennio arrivava pochi anni dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, anch’essa vissuta e combattuta sulle nostre montagne e che lasciò enormi e durature ferite nel territorio e nella popolazione.
Si pensi solo che Vaia (la grande tempesta alpina del 2018) trovò terreno fertile nelle monocolture di conifere volute e impiantate dal Regno d’Italia per sostituire i boschi misti bruciati e distrutti dalle bombe e dai mortai della Grande Guerra.
Dopo il ventennio una seconda guerra mondiale vide Alpi e Appennini tracciati da linee militari e valli difensivi e le terre alte e le foreste nascondiglio dei partigiani.
Alla fine della guerra la ricostruzione avvenne quasi esclusivamente in pianura e nelle sue città.
L’Italia era lanciata verso il boom economico che seguì e si dimenticò di essere anche e soprattutto composta da territorio montuoso. Lo spopolamento continuò inesorabilmente: le terre alte e le terre di confine furono il serbatoio della manodopera per le fabbriche a valle. Il nuovo consumismo rifiutava una agricoltura di susisstenza. Molti montanari si trasformarono in operai alla catena di montaggio, i loro figli in impiegati o in laureati. Alcuni resistettero, aggrappandosi alla roccia delle loro montagne e alle pietre delle loro case ma sempre più al margine della vita caotica, consumistica e frettolosa che era il target sociale di quegli anni.
E nell’ottica di una ” Italia enorme lunapark dell’Europa” anche le montagne divennero un oggetto di consumo di massa: i pascoli diventarono piste, si spianarono dossi e si raddrizzarono curve a colpi di dinamite per trasformare le montagne in un immenso parco-giochi e i montanari in guide alpine, maestri di sci, receptionist, camerieri, gattisti e addetti agli impianti, cuochi e albergatori. E loro, con la capacità di adattamento che la montagna aspra e severa e gli inverni rigidi gli avevano insegnato, raccolsero la sfida e si trasformarono di nuovo. Muti e pensierosi montanari, dall’animo nevoso e selvatico, vocati alla solitudine e all’isolamento, divennero in meno di una generazione solari comunicatori plurilingue votati alla socialità e ai social.
Fino alla grande pandemia che costrinse tutti a ridefinire gli obiettivi. E anche in quella occasione la montagna si rivelò madre affettuosa e severa che accoglie chi la rispetta e respinge chi la svilisce. Quasi due interi inverni di piste e alberghi chiusi e di bisogno di aria pura avranno come conseguenza la ressa sui campi da sci e sui sentieri più battuti.
Ma si intravede anche un nuovo inizio: giovani imprenditori agricoli che aprono nuove attività o prendono in mano quelle dei genitori rinnovandole. Le nuove imprese del Friuli Venezia Giulia sono prevalentemente agricole e la maggior parte montane.
Non faccio nomi ma seguo con interesse un’azienda agricola che produce ” uova di montagna” in Valcanale e un ragazzo carnico che ha appena inaugurato una nuova stalla. Applicano l’innovazione tecnologica unendola ai saperi antichi e tradizionali. Sono il futuro vero della montagna, che non è e non deve essere solo un gioco per turisti annoiati ma una realtà economica e sociale a cui va dato il giusto valore.
Buona montagna a tutti e soprattutto alla gente di montagna!
Gran bell articolo, complimenti!
Rende appieno il vero spirito di quella montagna che ho imparato a conoscere e ad amare , e che la mia anima riconosce come CASA. . Grazie 🙏
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Grazie mille a te. La montagna al di là della visione ” romantica” e idealizzata che ognuno di noi può avere è una realtà tutt’altro che semplice e facile da comprendere. Conoscerne la Storia, la gente, l’ambiente è sempre un arricchimento. È un percorso fuori e dentro di te. Se la conosci la ami e se la ami non smetterai mai di cercare di conoscerla. Buona montagna!
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