3.09.2011
Capita sempre più di rado oramai che il mio essere prenda connotati da escursionista, o trekker che dir si voglia, abbandonando le vestigia simil alpinistiche di un arrampicatore con la corda a tracolla e l’imbrago sempre pronto nello zaino. Oggi ho fatto una semplice camminata, da comune mortale, godendo dei panorami che mi si prospettavano, assieme a gente piuttosto digiuna di montagna. Una bella giornata, passata in allegria assieme a delle belle persone.
La mia “guida alpina” Flavio, cicerone della giornata, fissa il ritrovo a Malborghetto per le 8 di mattina, la giornata è splendida. Riuniti i 6 partecipanti ci trasferiamo al lago superiore di Fusine dove parcheggiamo l’auto e ci prepariamo per la caminata. La mia conoscenza del posto è vaga avendo salito in invernale solo la forca della Lavina e una serata epica con Elisa e le ciaspole ai piedi verso il rifugio Zacchi.. Quindi mi affido alla guida che dice che ci impiegheremo 6 ore..
Michele di presenta in tenuta da spiaggia pronto per partire.. La guida lo reguardisce a dovere! Gli presto i miei scarponi, tanto io vado bene anche con le scarpette della salomon.. Infatti verrò successivamente riubattezzato come “scarputte”.. IL sentiero che seguiremo oggi è il CAI 513.
Ci avviamo sulla strada che porta al rif. Zacchi e dopo una quindicina di minuti prendiamo a dx una mulattiera che porta ad una bellissima e grande radura erbosa nel mezzo del bosco, quella dell’Alpe Tamer. Proseguiamo quindi in un bel bosco di faggio, il sentiero sale di quota velocemente e gli amici meno allenati comiciano a sbuffare.. In particolare un partecipante comincia ad inveire piuttosto velocemente vs la guida, riscontrando che questa non è una gita per persone poco allenate come promesso.. Io ridacchio sotto i baffi e mi godo la scena. Salendo siamo raggiunti da una comitiva diretta al rif. Sloveno del Mangart.
Man mano che si sale il bosco si dirada e si apre uno spettacolare colpo d’occhio sulle pareti N di Mangart, Veunza, etc.. Restiamo tutti senza parole, anche “il polemico” è contento. Decidiamo quindi di concederci una pausa alla “cima Coppi” del nostro giro odierno, e sostiamo allegramente su un monolite di calcare dove il sentiero si divide. La combriccola veneta prosegue per il biv. Nogara, noi scenderemo da qui per ghiaie e prati verso il Zacchi.
La discesa che segue è blanda attarverso praticelli e ghiaie cadute dalle pareti superiori, il mio amico resta sbigottito dalla presenza di neve sotta alle rocce. Dopo una buona mezz’ora di cammino ci troviamo in un’altra bellissima radura punteggiata da larici e abeti, in corrispondenza del sentiero che porta alla “Via della Vita” ferrata quest’anno chiusa per l’assenza di un cavo nel tratto chiave (almeno questo recitano i cartelli). La via della vita era sempre rimasta una delle mie prossime mete ma a questo punto la rimanderò a data da definirsi. Racconto ai miei amici le storie del soccorso alpino, lette sui vari libri, dei recuperi dei poveracci Jugoslavi che scappavano da una vita meno fortunata cercando di scendere su queste enormi pareti; dovevano essere veramente messi male, le pareti sono così alte che fanno proprio soggezione. Qua è nato il soccorso alpino del Friuli, con il buon Cirillo Floreanini che accorreva assieme alla squadra di Cave del Predil a recuperare quei poveracci rischiando un colpo di fucile dalle guardie confinarie (cose successe eh, non è che me le sto inventando).
Disteso al sole mi perdo a guardare la linea del Diedro Cozzolino al piccolo Mangart di Coritenza, una delle vie d’arrampicata più impegnative dell’intero arco alpino. E’ altissimo, geometricamente perfetto.. Penso a Piussi e Lomasti, a cosa devono aver provato la sera prima in questo prato pensando all’ascensione del giorno dopo, dei miti. Rimettendoci in cammino a breve distanza raggiungiamo una targa in memoria proprio dell’alpinista pontebbano Ernesto Lomasti. Transitiamo sotto agli immensi ghiaioni che scendono dalla Strugova e per un bel bosco arriviamo alla strada di servizio del Rif. Zacchi e per questa in breve allo stesso. Volano birre, frichi e panini.
Belli sazi cominciamo la discesa per il sentiero che si stacca a dx della strada subito sotto al rifugio. Incontriamo parecchia gente che sale, perfino una donna incinta ad occhio al 6° mese.. Siamo tutti sconcertati della stupidità della stessa!
Raggiungiamo in una quarantina di minuti il parcheggio dove il mio ranch aspetta di offrirmi un sedile comodo dove appoggiare il sederino per il ritorno a casa!
Una bella giornata, passata in tranquillità assieme a delle belle persone. Ogni tanto ci vuole proprio una pausa relax

