Ripenso a volte all’inizio della mia carriera, quando conobbi la corda, le scarpette, la piccozza, ma più genericamente le gite assieme agli amici al di fuori del nucleo familiare e delle semplici camminate assieme a mio padre. Alla fine, con il senno di poi, spesso forse Valter maledice il fatto che mi abbia coinvolto nelle sue passeggiate alpestri e da lì probabilmente sia partita la passione (in)sana e profonda verso tutto quello che è montagna.
Ricordo con simpatia in particolare la prima uscita invernale fatta durante una Pasquetta al lago di Avostanis, assieme al germe di quello che sarebbe diventato poi il G.A.G. (gruppo alpinistico giovanile): Buso e Gigi, assieme a me “lo zoccolo duro”. Alla gita partecipò anche un mio compagno di classe, avremmo avuto 15 anni.
Raggiungemmo il Bar Pakai tramite la corriera di linea della SAF e poi salimmo con la vecchia strada strerrata a Malga Pramosio bassa. Da qui in poi neve a pacchi, bella dura.. Ricordo l’immagine dei miei primi scarponi in cuoio, della Gronell, lustrati prima di ogni uscita con il sain (grasso del maiale) per impermeabilizzarli al meglio, comprati in una bottega di Lauco da un amico di mio padre. In mano avevo una picca di quelle degli alpini con il manico lungo e pesante, passionalmente ridipinta dal sottoscritto per tirarla a lucido e sfoggiarla durante il giro con gli amici.. Soldi ce n’erano pochi, figuriamoci se potevo permettermi una picca della Grivel!

Giaccavento comprata al Bernardi a 29.000 lire (che a dispetto della marca durerà a lungo), pantaloni di jeans coperti da sovrapantaloni simil impermeabili dell’esercito rubati a mio padre, scarponi in cuoio, occhiali da bici del supermercato, sembra l’elenco della partita di tennis di Fantozzi. Fattostà che quel giorno riuscimmo nei nostri intenti preventivamente stabiliti, e la cosa ci dette un godimento e una soddisfazione unica! Il mio amico, quando alle 15 eravamo ancora alla casera delle manze, portava in volto l’espressione umana della preoccupazione.. La corriera persa, il buio vicino.. La sera siamo tutti rientrati a casa in tranquillità. sinceramente non ricordo se ai miei avevo detto di sta gitarella, di sicuro mi avrebbero redarguito a dovere!

Ci fu anche il collaudo del mio zaino nuovo, un Cassin dai colori sgargianti per cui mi svenai.. 120.000 lire per uno studente non erano poche e i miei non mi han mai dato paghette! O lavoro estivo o vendita vischio invernale, altro che i bambocci di oggi che han tutto..
Questa a memoria è stato il battesimo delle gite in montagna d’inverno..
Vi è poi il settore dell’arrampicata sportiva dove porgo ringraziamenti doverosi agli amici Buso e Mirco sopra tutti..
La “malattia” maturò in località Claupuz di Caneva, dove quasi ogni giorno e in qualsiasi stagione passavamo i pomeriggi dopo scuola in ore di passaggi rasoterra.. Mi ricordo ancora il vento di Clapuz, implacabile e costante, se il comune mettesse una pala eolica lì risolveremmo l’efficienza energetica di Tolmezzo..
Buso ai piedi portava un paio di babbucce della Sportiva, simil scarpe da danza, cedutegli dal Cac.. Buso andava avanti e indietro sul traverso famoso esibendosi in sbuffanti sforzi, con le spalle pelose in bella mostra.. Io lo scimmiottavo, con risultati più scarsi, con ai piedi un paio di scarpe da bicicletta fuxia della Gaerne, con chiusura a scatto tipo scarpone da sci.. A pensarci ora la cosa ha del divertente, ero vestito come un poveraccio! 🙂
Ricordo che il primo anno la mia arrampicata non andò oltre i 2m d’altezza, i miei me lo vietavano! Poi coinvolto da Mirco e dagli altri amici venne anche per me il giorno della prova del fuoco.. Nel frattempo Mirco aveva attrezzato 3 itinerari d’arrampicata dai nomi evocativi di cui io mi ero incaricato di riportare su roccia il nome.. “Cunicolando”, “esplosione incerta” e “El Diablo” se non ricordo male.. Vennero attrezzati a spit recuperati in Betania, riverniciati e punzonati GAG, con gruppo elettrogeno portato in sito da mio padre.
Ricordo anche come facevamo sicura, e sarebbe meglio non ricordarlo!
Dopo un’illuminante incontro con Mario Cuder che ci piazzò 3 chiodi vicino al terreno la sicura al primo era fatta con un discensore ad otto attaccato al triangolo collegato ai chiodi… a parole è difficile.. Il succo è che il più delle volte la sicura era affidata in pratica alle mani forti dei virgulti amici.

Ci affezzionammo a questa “falesia” al punto di realizzare un cartello pirografato e una panchina in legno e ferro, cementata nel terreno; nel giro di pochi giorni alcuni vandali distrussero tutto gettando i manufatti nel But..


Da qui nacque la mia passione che ancora oggi a distanza di 16 anni mi infervora nel tempo libero. Gli spazi e le pareti si dilatarono iniziando a frequentare la storica falesia del M. Strabut a Illegio o Betania che dir si voglia. Arrampicavamo anche d’inverno bardati alla meno peggio fino al buio e oltre..

Nella foto sopra da notare il sacchetto del magnesio recuperato dalla MTB 🙂
Oramai Clapuz non esiste più, la parete è stata da poco ingabbiata con le reti per la nuova pista ciclabile.. La frequentazione delle vasche di Toni viene osteggiata dal nuovo proprietario della piantagione antistante (ma volendo si arriva dal prato vicino alle serre)..
Il GAG non esiste più, tutti persi sulle vie della perdizione!
Però che ricordi quando penso a quanto fatto, tutti belli!