PUNTA GNIFETTI, MASSICCIO DEL M. ROSA 4554m: Un carnico come me che cerca di descrivere il massiccio del M. Rosa essendoci stato 3 volte non è certo la persona più indicata.. Rimando quindi al web per descrizioni più approfondite ricordando solo che il M. Rosa è la seconda elevazione dell’Europa (intesa in senso politico) e si sviluppa su di un’area vastissima dall’Italia alla Svizzera. Numerose le cime sopra i 4000m, la più conosciuta e frequentata è sicuramente la Punta Gnifetti dov’è collocato il Rif. più alto d’Europa ossia la Capanna Margherita. L’accesso più frequente alle punte di questa zona (ghiacciaio del Lys e Indren) avviene indifferentemente da Alagna Valsesia o da Gressoney La Trinitè sfruttando gli impianti di risalita che depositano a 3275m sul ghiacciaio dell’Indren. Da qui in poi è pura avventura in zone glaciali spettacolari… Peccato solo per il consistente affollamento!
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La zona del M. Rosa mi ha cominciato ad attirare irresistibilmente dopo la visione domestica di una puntata de “Le Alpi di Messner”, un appuntamento immancabile delle serate della mia gioventù. Vedere il “Rainholdo” uscire di prima mattina dalla sua tendina da bivacco, vestito di tutto punto con i ramponi ai piedi, nei pressi del colle del Lys ebbe un effetto dirompente sulla mia voglia di confrontarmi con questi contesti decisamente differenti dalle mie Alpi Carniche. I panorami, le vastità, la tipologia di vallate e soprattutto la quota delle occidentali mi erano ai tempi del tutto sconosciute..
Quindi con un pò di incoscenza e oliando per bene gli umori dei miei genitori, ai tempi vivevo ancora con loro, mi sono buttato nelle prime 2 esperienze sopra i 4000m del M. Rosa.
La prima assieme al mio caro amico Giovanni, Catanese nato ai piedi dell’Etna, conosciuto in fabbrica nelle lunghe giornate davanti alla fresa CNC…
La seconda con gli amici di sempre, Gigetto, Piut e Pelle.
Dai miei diari..
31-01/09/2002
Per pura coincidenza la centesima uscita del mio diario è quella che riporta la salita alla vettà più importante della mia “vita da frequentatore dell’Alpe”, il M. Rosa. A dire il vero mi avvicino al massiccio solo quest’anno ma l’idea di salire alla Margherita è vecchia di almeno 5 anni. L’idea iniziale infatti era partita dal sottoscritto, da Buso, da Don Franco e Gigetto.. poi vuoi per mancanza di tempo e carenza di mezzi di trasporto il Rosa è rimasto un’utopia nella mente di noi montanari friulani. L’unico che ci prova per ben 2 anni di fila è Buso che, con Cogo, ogni anno arriva all’arrivo della cabinovia e per la nebbia vede a fatica i suoi piedi. Anche quest’anno l’uscita sembra che non riesca: Franchetto ha l’otite, Gigetto 2 gg prima della partenza viene ricoverato per una tonsillite simil-fulminante.. Giovanni deve lavorare…..Purtroppo le nubi nere che si affollano nella mia testa non lasciano spazio a pensieri positivi.
Da un mese i preparativi impazzano.. Rompo le balle un pò a tutti, Buso, Mario Cuder, Gjate, Giuliattini per procurarmi il materiale che solitamente qua non si usa: occhiali da ghiaccio, mascherina, corde da 9mm, ramponi… Alla fine riesco ad avere tutto ed in abbondanza, addirittura 3 paia di occhiali da ghiaccio!
5 giorni di acclimatamento a Lignano con Elisa mi rilassano e psicologicamente mi preparano a questa salita. Il ritorno a casa mi vede in mezzo alle brutte notizie sopra descritte però alla fine Giovanni si libera e decidiamo di andare soli. Ognuno compra qualcosa il giorno prima, il materiale è ok tranne lo ziano di Giò che non si presenta nelle condizioni per affrontare un 4000; convengo assieme a lui che sarà meglio prestargli il mio e così il Cassin Mezzalama fosforescente gli coprirà le spalle sulle alture.
Arriva il fatidico sabato mattina! Alle 3.30 la mia sveglia suona sul giorno dell’avventura. Giò arriva anche in anticipo sul previsto, non faccio colazione, a quest’ora nello stomaco non ci sta niente. Carichiamo le attrezzature in auto e partiamo dopo aver fatto i segnali luminosi a Gigi che dall’alto del 6° piano dell’ospedale ci manda la sua benedizione come il Papa. La macchina dell’amico è confortevole e prestante come sempre, la strada scorre veloce. Le prime luci del giorno ci trovano già a Vicenza..Dopo qualche indecisione sulla strada da percorrere, 2 soste per cambio autista, verso le 9 cominciamo la risalita della Val Sesia. Seguiamo le indicazioni per Varallo e per Alagna. Posti di funghi questi.. Sto guidando da Milano oramai.. Man mano che risaliamo la valle si innalzano davanti a noi gruppi montuosi tozzi e padroneggianti.. Ormai siamo quasi all’arrivo e dopo una galleria si apre davanti a noi in tutta la sua maestosità una parte del Monte Rosa.Tra le nebbie si intuiscono le nevi perenni e i ghiacciai; l’eccitazione mi spinge a cominciare le riprese per l’amico Gigetto. Arriviamo ad Alagna verso le 10.
Il paese è bello, caratteristico e molto turistico. Facciamo un giro per i suoi vicoli, beviamo qualcosa e compriamo cartina e cartoline. Abbiamo lasciato la macchina nei pressi della partenza dell’ovovia e prepariamo gli zaini in tranquillità cercando di non tralasciare niente al caso. Finisco come sempre prima di Giò e lo aspetto con lo zaino in spalla, non vedo l’ora di salire. Il peso dello zaino si fa subito sentire, si approssima ai 20kg nonostante abbia cercato di prendere l’indispensabile, il peso è comunque eccessivo per portarlo a zonzo a 4000m. Risolveremo in seguito. All’imbarco con la tessera CAI lo sconto è di 1€ (…) e con 19€ facciamo l’andata e il ritorno. Il tempo e cupo. Per arrivare a punta Indren prendiamo 3 tratte: 1° ovovia moderna, 2°seggiovia moderna, 3°cabina antiquata e scassata! Il terzo tratto porta da 2400m a 3200 e lo si percorre a bordo di una cabina vecchissima e bucherellata, non farebbe per mia madre! Il panorama è già quello dell’alta quota, ci sono rocce ovunque predominanti su prati che vanno man mano scomparendo. Arriviamo alla Indren con un gruppo di ragazze carine equipaggiate di tutto punto. C’è nebbia. io e Giò non abbiamo fretta, vogliamo acclimatarci. La brutta sorpresa è che il ristorante alla Indren è chiuso percui il nostro pranzo sarà un pacco di ringo in 2. Ora nevischia.. Decidiamo di partire.
Il primo tratto di 100m si fa sul granito, grandi blocchi compatti, roccia strana e avversa (qualcosa, il 6° senso del climber, me lo dice). Giò cade e si taglia un dito, sono pronto a far da crocerossina con un cerotto. In breve mettiamo i piedi sul ghiacciaio dell’Indren; più che ghiacciaio sembra un nevaio non fosse per dei piccoli crepi che ne manifestano la denominazione.
La traccia è evidente, la seguiamo per 20 minuti, indosso gli occhiali d’alta quota. In mezza costa si taglia tutto il ghiacciaio per arrivare ad un bivio: sinistra via facile per il rif. Mantova, destra arrampicata per la Gnifetti. propendiamo per la prima e con 2 semplici passaggi su roccia superiamo uno sperone roccioso che chiude la conca dei rifugi posti sopra. Aggiriamo tutto lo zoccolo di rocce e un pò per ghiaccio un pò per sfasciumi siamo in breve alla spianata del rifugio Mantova. Ci si para davanti un’enorme ghiacciaio come mai ne avevo visti prima, altro che Marmolada! La cima Coppi della mia vita l’ho ormai passata da un pezzo.. Le enormi serraccate a intervalli non regolari si spaccano e cadendo producono dei suoni che non lasciano indifferenti. Riprendo tutto per Gigetto.. Ormai la Gnifetti è a un tiro di schioppo anche se 300m di quota più in su. La vista si è un pò aperta e vediamo svariate comitive che salgono al rifugio come noi. Giò insiste più volte per precedermi con la frase “No, Omar, Senti, lascia provare a fare il passo a me”.. lo accontento, per me non cambia nulla, sono troppo impegnato a guardarmi in giro e memorizzare questo spettacolo. Orizzonti e scenari completamente differenti da quelli a cui sono abituato. Con qualche scivolone, fatica e fiato corto arriviamo alla Gnifetti in una piccola ressa di folla. Il meteo è migliorato, c’è anche qualche raggio di sole.
Mi diverto a guardare dei paffuti passeri che cercano briciole di pane tra i miei piedi.
Il rifugio è situato su di uno sperone di roccia al bordo inferiore del ghiacciaio del Lys a quota 3700m circa.
Sto bene, mangio un pò di pane e ricotta affumicata (che si riproporrà per 2 gg).. Entro e prendo 4 posti letto pagando in anticipo per tutti, la tessera CAI fa miracoli. 52€. Sistemo le mie cose vicino alla camera, all’esterno in un corridoio. Attendiamo impazienti gli amici di Giò, l’aspirante guida Alpina Danilo e Antonella.
Mi fanno preoccupare, non rispondono al telefono.. Intanto ci stendiamo in branda per un pò. gente abbastanza simpatica affolla la camerata, tuttavia non mi “fila molto”… Forse perchè non sono molto brillante, ho un pò di mal di testa e non insisto per entrare a far parte dei loro discorsi. Anche a cena sarò un pelino distante, mangio una minestrina, non mi sento di toccare altro, bevo molto. Giò mangia molto, come nulla fosse .. primo, contorno, secondo e doppia razione di dolce.
Telefonata di rito alla mamma, alla morosa e a Gigetto. Sistemo le cose per il giorno successivo , voglio essere subito pronto la mattina. La camerata è confortevole, non uso il saccoletto ma solo il copertone di naja simile a quello che usavo in caserma. Sarà una notte tormentata dai peti di Giò, il vomito dei vicini e poca voglia di dormire… Riesco tuttavia a sonnecchiare 3 ore, alla faccia delle previsioni dei vecchi che auguravano di non chiudere occhio.
Fuori nevica.
Alle 5.00 tutto il rifugio si anima. Al bar tutti colazionano con latte e caffè, biscotti con marmellata. Mi tengo leggero e Giò anche qua ci dà dentro.. Dò un’occhiata fuori, è un incanto. Le stelle dominano dall’alto, infatti ha smesso di nevicare. In basso la neve emana uno strano pallore, illuminata nei pressi del rif. Mantova. Tutte le vallate in basso sono illuminate dai lampioni che ne delineano le strade, file di formichine con le frontali stanno già salendo il ghiacciaio sotto di noi.
All’esterno Danilo mi lega passando i classici giri di corda morta attorno al corpo, sarò l’ultimo di cordata dietro a Giò e Danilo. Siamo pronti ma manca Giovanni… Finalmente si decide a muoversi e cautamente percorriamo ramponi ai piedi il breve tratto discendente che porta dalla Gnifetti al ghiacciaio.
Picca in una mano, bastoncino dall’altra, cominciamo insieme ad altri 200 l’ascesa al nostro sogno.
Danilo avanza nei 10cm di neve fresca con andatura impegnata e nella mia testa penso e mi chiedo se il ritmo non sia un pò troppo alto per Giò che vedo e sento già con il fiatone. Sto benissimo, il mal di testa se n’è andato nottetempo, segno dell’avvenuto acclimatamento alla quota; mi sento forte e con l’animo giusto per la cima.
Il mio pensiero va al caro amico compagno di salite Gigi, che forse ci pensa dal suo letto d’ospedale. Con mio stupore Danilo ci dà dentro e cominciamo sulla prima pendenza forte un sorpasso infinito di tutte le cordate che sapientemente in fila salgono sulla traccia battuta..Noi no, sorpassiamo tutti??!!?? La prima dura rampa è lasciata alle spalle, proseguiamo in leggera salita. Giò sta male e vomita la colazione. Ci togliamo dalla pista, siamo a quota 3900m. Danilo dà brutti presagi sullo stato fisico di Giovanni “è mal di montagna” dice,. Le cordate passano lente senza badarci molto.. Riprendiamo con Giò che dà la colpa ai cereali della colazione.. Chissà perchè non ne sono convinto. A quota 4000m Giò ferma Danilo tra i crepacci perchè ha un bisogno impellente, di quelli seri, che non può aspettare..e Danilo “qui assolutamente no, siamo tra i crepacci!” e tra crampi e sofferenze Giò continua.. Finiti i crepi non la tiene più, ferma la cordata e si butta per terra per i crampi al di dietro.. Io da un pò sono ammutolito, non so se ridere o piangere.. O la fa davanti a tutti o se la fa addosso.. Danilo lo invita a scavare un buco ma mentre mulino con la picca, cercando di creare un W.c. d’alta quota, Giò poco oltre ha in volto l’espressione inebetita del post sforzo.. La sta facendo sul ghiacciaio con mezzo culo appoggiato alla neve, roba da matti! Non che faccia troppo freddo, io ho addosso solo un dolce vita di pile e una giaccavento, però vederlo che la fà a pochi metri dalla processione di alpinisti mi fa scompisciare! Alcuni alpinisti gli chiedono addirittura come stia… Il pudore l’ha lasciato a valle.. Alla fine si rialza e noto che è tutto smerdato! Per pulirsi si sporca i guantie anche il bianco della neve diventa sporco. Faccio una foto al mucchietto organico d’alta quota (sono un simpaticone) e tentiamo la ripartenza con l’insistenza di Giò. Danilo è contratrio ma Giovanni dice di stare meglio.. A 50m dal colle del Lys Giò crolla in un’altra crisi, sta proprio male, è sbiancato e la nostra guida dà ordine per un veloce rientro a valle.
Mi crolla il Mondo addosso.
Mancava così poco.. Solo 300m di dislivello e avrei raggiunto per primo nel gruppo i 4554m della Margherita.
Chiedo a Danilo se posso proseguire da solo almeno sino al Lys ma lui sconsiglia; non mi resta che girare i tacchi… Cerco di non far intuire a Giovanni la mia tristezza, non smette di scusarsi, lo lascio parlare tranquillizzandolo ma dentro il dispiacere è profondo. Scendiamo sempre in cordata, stavolta guido io e scendiamo in un attimo al rifugio. Giovanni si sente meglio anche se vomiterà nuovamente. Mi riprendo sulle spalle il peso in eccesso del materiale lasciato in rifugio e dopo un thè caldo, rompo le palle per tornare subito a casa, ho voglia di rivedere la morosa. verso le 12 siamo a Indren, salutiamo Danilo e Antonella che ci lasciano e prima di entrare in cabina spruzzo sul fondoschiena di Giò un pò di deodorante vista la puzza di cacca che ha addosso!
Ritorno tranquillo, ciao M.Rosa, al prossimo anno!
10-11/08/2004
Motivato più che mai e preparato fisicamente dal Carnia Trekking, aspetto da 2 anni la rivincita con il M. Rosa. Stavolta il team è composto dagli amici di sempre: Piut, Gigi e Pelle.
Si parte di buon’ora da Tolmezzo in una giornata che si preannuncia splendida. La Polo di Piut è piena all’inverosimile e trovo posto sui sedili posteriori stipato in mezzo a mercanzia alpinistica.. Sci, ramponi, piccozze, zaini, etc… La macchina prende l’assetto di una sportiva tanto ribassata è. Sono le 5.30 e comincia il viaggio che ci porterà in Piemonte. Autostrada e solita routine, il tempo peggiora, lungo la Valle del Sesia fa decisamente schifo! Piove a dirotto. Facce atterrite mi circondano mentre beviamo una cosa al bar centrale di Alagna; fuori bagna e c’è nebbia pesta.
Mentre si vagliano le possibilità di dormire in improbabili rifugi per guadagnare qualcosa e fermarsi un giorno in più aspettando il bel tempo, ho un lampo di genio e faccio partire tutti sull’ovovia. Durante i preparativi scambiamo 4 chicchiere alla buona con una coppia di abbronzati spagnoli di rientro dall’alpe; “traccia Autobahn, visibilità na mierda! Questo il responso.. Non ci facciamo scoraggiare e tariamo il target presso il Rif. Città di Mantova.
La cabina costa un tuono, 23€ cazzo! Saliamo anche il secondo troncone , la seggiovia, nella nebbia più fitta.. E così il terzo troncone su di una grossa cabina molto attempata che ci fa stare un pò sulle spine..
A punta Indren non si vede a 5m ma la traccia sul ghiacciaio è comunque intuibile e ben segnalata, partiamo quindi di gran lena. Fa caldo, le acque corrono superficialmente sopra alla neve. Arrivare al rif. Mantova non è cosa difficile e, data la maggior visibilità, decidiamo di arrivare al rif. Gnifetti a 3700m dove pernotteremo.
Ci sistemiamo in camera e percorrere le ripide scale interne al rifugio è tremendamente faticoso (la quota si sente alla grande). La sera mangiamo un minestrone e fra le chicchiere della mia cameretta ci addormentiamo. La notte passa bene all’interno del rifugio, fuori un pò peggio, piove a dirotto!
Nottetempo i bisogni corporali sono espletati in turche INOX senza acqua ma molto funzionali: l’arredamento in stile alpino prevede dei bastoncini da sci al posto del classico spazzolone.. Effettuare poi le proprie “prestazioni” sapendo che oltre il buco della turca c’è il ghiacciaio in lento movimento, e si sente, non ha prezzo 🙂
La mattina arriva e anche la pioggia.
Ore 9 tempo pessimo.
Ore 9.30 qualcosa è cambiato.. Sveglio e faccio preparare gli amici in fretta e furia. 10 minuti più tardi siamo sul ghiacciaio imbragati, legati e sotto una fitta ed insistente pioggerellina ci avviamo verso il colle del Lys. Mi metto in testa e detto il passo. Siamo soli. Salendo il tempo un pò migliora e in alto si intravede del sereno ma la nebbia molto fitta che ci accompagna non ne vuole sapere di andarsene. tempo ballerino e bella veduta sul cristo delle vette e il Balmenhorn. Colle del Lys equivale a “fatica che si fa sentire”, siamo a 4200m e qui la volta precedente non arrivai.
Pelle, a cui sono legato, si ferma sempre più spesso ormai; meglio fare una signora sosta per riprendere un pò di forze.. Lo scenario è magnifico. Mi viene in mente che non abbiamo messo la crema solare, ne pagheremo poi le conseguenze.
La salita ora continua con traversata in quota passando sotto agli “elefanti” della punta Parrot, blocchi di ghiaccio enormi in lotta con la gravità da tempo immemore.
Ora la nebbia è completa, avanziamo solo perchè la pista è ben tracciata. Percorriamo un altro tratto in mezza costa incontrando qualche alpinista che scende, chiediamo info e ci avvertono che la pista è buona fino alla cima; continuiamo a salire. La fatica si sente sempre più, specialmente per il mio amico. le ultime rampe sono infinitamente lunghe forse a causa della nebbia e del passo che è tutt’altro che “vispo”. Guido la comitiva e vagando in un limbo di nebbia e chiarore accecante, il forte vento toglie la possibilità di comunicare tra di noi, di urlare non se ne parla, meglio non sprecare ossigeno! Tutto qui è fatica!
A volte sento però qualcosa, un rumore simile a un gruppo elettrogeno e infatti, salita l’ultima ripidissima rampa di cresta ghiacciata, siamo finalmente alla Capanna Margherita a 4554m.. Il mio sogno si è avverato, mi basta poco per sognare!
Mi tolgo i ramponi ed entro in rifugio; all’interno c’è un tepore che ti stende passando dai -10° esterni.
Dopo molto arrivano anche i miei amici, offro loro un the caldo. Andrea lo vomita immediatamente, decidiamo quindi che è meglio scendere in fretta. Nuovamente all’aperto dovrò allacciare i ramponi dell’amico sfinito. Le mie condizioni sono buone a parte un pò di normale nausea crescente.
Scendiamo assicurandoci a vicenda con la picca nell’attraversamento dei crepacci presenti. Gigi e Piut scendono velocemente con gli sci (beati loro).
Il ritorno sarà eterno, caratterizzato da un sole spaccapietre alto nel cielo e arrabbiato con noi, con il Pelle che si ferma in continuazione per la stanchezza accumulata. La prendo con filosofia ma capisco che ci stiamo impiegando troppo per non avere i segni di questa esperienza. Al rif. Mantova arriveremo verso le 17 del pomeriggio, scottati in volto come non mai, si rivelerà poi ustione di 2° grado!! La notte si S. Lorenzo la passiamo al rifugio guardando stelle cadenti sopra alla pianura padana che dominiamo dall’alto. Le ustioni sono micidiali, nel sonno il Pelle ha la brutta idea di grattarsi il naso non comprendendo ancora pienamente l’entità dell’ustione, momenti di agonia pura. Anche l’acqua ghiacciata del rifugio non allevia il dolore.
La mattina dopo scendiamo il ghiacciaio, verso la cabina per il rientro a valle, bardati come beduini, vampiri in fuga da qualsiasi raggio di sole.. Nella farmacia di Alagna devono essere abituati a queste “maschere umane”, il sant’uomo ci dà un prodotto che miracolosamente ci allevia un pò il dolore. In autogrill a pranzo scene tragicomiche con i camerieri che probabilmente ci scambiano per lebbrosi 🙂
A tolmezzo poi per qualche tempo saremo riconosciuto come “quelli del M. Rosa”..
la ritirata di russia della julia in confronto era una passeggiata……
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