La Discesa che aspettavo da almeno 20 anni…

E’ coperta di neve la mia discesa. Quella discesa tanto attesa, aspettata, rimirata fin da piccolissimo.

Posizionata in un luogo che poco ha a che fare con lo sci alpinismo e più annessa alla frequentazione estiva in bikini, oggi è finalmente in condizione dopo una nevicata che non avveniva, negli spessori, da almeno 20 anni.

E’ l’occasione giusta, non devo farmela sfuggire. Le condizioni resteranno buone per un paio di giorni, poi ci saranno altri 20 anni di oblio invernale.

E’ con una sognante titubanza che nottetempo, verso le 22, raggiungo la sommità del pendio e butto una prima occhiata a quello che mi aspetta oltre. Passo da una zona di fioca luce al buio più totale del dirupo, e solo in parte il fascio di luce della mia frontale lascia intuire la fine del pendio, giù, nell’oscurità.

Sono solo.

Le vere sfide personali mi piace affrontarle così, senza inutili chiacchiere fuorvianti che possono far perdere concentrazione e presenza di spirito. E in questa discesa sò per certo che avrò bisogno di entrambe, ai massimi livelli.

Sul ciglio del salto N il classico “Woom” di assestamento per un attimo mi inculca il dubbio della rinuncia ma sono troppo concentrato e miro all’obbiettivo atteso da venti lunghi anni.

Non ho l’ARVA. Cazzata

Senza troppo pensarci affronto la pendenza cercando di infondere ai miei sci tutte le capacità sciistiche maturate in 20 anni di gite ed imprese personali, ma non è facile controllarli.. La pendenza è alta e il rischio di sbagliare con una fine tragica mi fa stare all’erta e con i nervi a fior di pelle..

La prima curva si sa è sempre la più difficile. Sci paralleli e ortogonali al pendio, carico sulle gambe e spingo in alto, contemporaneamente giro i legni e mi trovo ad aver affrontato il primo salto.

Sto prendendo confidenza con il pendio, anche se il dubbio di scivolare giù con tutto esso è sempre presente.

Meglio non stare qua più del necessario, penso, e continuo la discesa.

A metà pendio mi fermo a tirare il fiato, la paura fa faticare più del previsto.

L’esposizione sta calando per fortuna e con altre 3 curve controllate mi fermo alla base del mio sogno infantile, derapando a una decina di centimetri dal nulla.

Gioia, felicità, quasi una lacrima.. Che esperienza esaltante! Ed esserne uscito vivo non è cosa da poco e tantomeno senza essermi bagnato.

Tornare alla macchina è un’impresa, gli scarponi scivolano sul fondo del pendio come sul sapone. Non ho i ramponi e sono costretto, nella solitudine più assoluta, a compiere l’aggiramento di tutto il versante per trovare la breccia dove issarmi a suon di trazioni di braccia e tornare sul facile versante S e quindi alla macchina.

Togliendo gli scarponi ripenso all’impresa appena compiuta, roba da matti, roba da pazzi, roba da chi sa trovare un briciolo di emozione in un sogno infantile e che mantiene in se un bimbo che si entusiasma ai primi fiocchi di neve dell’inverno.

Omarut in solitaria, ore 22 del 12.02.2013

Prima discesa versante N argine torrente But

Dislivello 15m, pendenza 45° – OSA

DSCN5694

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