Verso il Col di Laner, più o meno

03.03.2014

Valutando le tante mete, la decisione oggi cade sulle montagne a meridione di Sappada. Faremo un giro verso il Creton dell’Arco, il suo passo, e il Col di Laner, cimotto ben visibile dal centro di Sappada.

Sciatori del posto esperti ne riportano a qualche giorno prima condizioni invidiabili della neve e del percorso.

Curiosi ci proviamo.

Finalmente il termometro al parcheggio è sottozero, -2°, temperatura ottima anche per mantenere la neve farinosa. Neve che nei 2 giorni precedenti è scesa piuttosto copiosa, a 1600 ci sono buoni 50 cm. Il bollettino segna grado 3, alcuni amici, tra cui una guida, dicono che il pericolo valanghe è totalmente assente.

L’inizio non è esaltante, un lungo viottolo battuto dai ciaspolatori a contornare il Piave e un successivo fiumiciattolo. Le pendenze aumentano di poco verso il laghetto delle trote dove le montagne retrostanti si specchiano nell’acqua. Alcune parti del lago hanno un sottile strato di ghiaccio ma non certo quello che dovrebbe essere..

Sulle tracce dei ciaspolatori
Sulle tracce dei ciaspolatori
Il simpatico canale
Il simpatico canale

Cominciamo la salita del sentiero estivo seguendo fedelmente la trincea scavata dai ciaspolatori. Assecondare il tracciato estivo non è facile: i bolli del sentiero CAI sono ben più bassi del livello dei nostri scarponi, c’è tantissima neve e più saliamo più i segnavia tendono ad eclissarsi sotto la coltre bianca. Poco oltre dobbiamo abbandonare quanto seguito fin’ora e proseguire su terreno vergine “ad intuito”. Gli alberi escono dalla neve come le candele delle fiaccolate, il tronco sta in uno spazio conico che sembra essere un paralume naturale.. Cadere verso il basso vuol dire sbattere sul tronco 2 metri più in giù.

Procediamo faticando parecchio, districandoci tra i rami che sono a livello scarponi, cosa strana.

Poi finalmente terreno più aperto.

Un grosso canale, libero dagli aberi ma occupato dalle slavine. Ce n’è di tutti i tipi, vecchie sotto gli strati, intuibili solo per i grossi nodi ghiacciati degli accumuli più grandi. Le più recenti sono grosse cataste di “palle di neve”, perfettamente sferiche, come quelle che si lanciano i bimbi giocando in paese. Strani accumuli, eventi del giorno precedente. Comincio a guardarmi intorno, soprattutto in alto ma la vista è ancora sbarrata dalla parte alta del canale.

Su pendenze man mano più impegnative procediamo nell’ascesa. Il canalone va stringedosi a lato di un salto di roccia di una trentina di metri, oramai valuto eventuali vie di fuga alternative in caso di distacco.

Neve farinosa, mi metto la fascia antivento a protezione di naso e bocca… Sai mai…. Il Cac mi vede e resta silente.

Finalmente riusciamo a toglierci da questa “autostrada bianca” delle valanghe e tagliamo a destra per un ripido prato. L’attraversamento vien fatto rigorosamente a distanza di sicurezza, se parte il pendio e ci facciamo il salto della paretina… Fortunatamente oltrepassiamo velocemente anche questo intoppo ed approdiamo ad un bel boschetto, abbastanza fitto e dalle pendenze blande. Un sospiro di sollievo.

A tracciare si fa una fatica micidiale, il contesto però distrae e fa procedere al meglio.

DSCF8367

Stratigrafia
Stratigrafia

Più su ricomincia la minestra, le pendenze aumentano così come gli scaricamenti già caduti proprio dove saliamo. Guardo in alto ma non riesco a capire da dove sia partito il tutto.

Dopo altri 20 minuti guadagnamo in piccolo pianetto sottostante ad un grosso masso.  Tiriamo il fiato e quietiamo le paure essendo al riparo. Le scariche son partite tutte dalle pareti superiori, una barra rocciosa che sovrasta buona parte del percorso di salita. Mentre beviamo un sorso d’acqua scendono dalle rocce 2 scariche di neve polverosa, niente di che ma quanto basta per guardare l’amico con cui mi intendo bene e senza troppe parole decidere per il rientro anticipato.

“Omar, ho capito che qualcosa non andava quando hai messo la protezione alla bocca”.. E già Cac! Rientriamo?

E così siamo in discesa, di quelle con “le antenne alzate”. Valutiamo bene le linee di discesa e ci teniamo alti per intercettare il canale di salita prima di dover ripassare sul traverso della parete rocciosa. Alla fine guadagnato il canale il peggio è fatto, se scende qualcosa da qua ci si può buttare nel bosco a lato ed uscirne indenni.

Poi giù la ravanata nel bosco e quindi sul turistico percorso del laghetto.

Passano anche le motoslitte.

Oggi son quasi contento di ri-vederle sfrecciare.

Sciare con la sensazione di avere un cecchino bianco che dall’alto guarda le tue mosse non è il massimo, anzi. Oggi, all’ingresso del canale, ci sarebbe stato bene un cartello di quelli che usavano durante la grande guerra in prima linea – “Attento, il nemico ti vede”!

Omarut e Max

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