13.04.2014
Apro la tenda, tempo uggioso fuori. Che faccio? Torno a letto o vado? 2 settimane di inattività per impegni domestici e influenza impongono di partire, anche per rispetto a chi dovrebbe esser lì ad aspettarmi al punto di ritrovo ma che di fatto non ci sarà.
Solo, verso Sella Nevea, oggi ho intenzione di non fare troppa fatica, sono ancora malaticcio e l’idea di scroccare un passaggio a quelli di Promotur non mi sconvolge particolarmente. So che un paio di amici sono in zona, non servirà nemmeno contattarli per trovarci al piazzale o su al rif. Gilberti.
Fa caldo, nuvole difficilmente decifrabili vagano per il cielo a sud, mentre a N-O cozzano già sulla muraglia del Montasio e sembrano avvicinarsi. In cabina il vecchio saggio prevede temporale in breve… Sinceramente non mi pare proprio possibile che arrivi un temporale ma non oso, e non mi interessa, contraddire il vecchio saggio discesista.
Nei discorsi sulla meta compare anche forcella Tedesca, tra le altre papabili.
Sarebbe bello. Sarebbe una grossa soddisfazione.
Sarebbe la terza volta che ci provo, mancherebbe solo il mio compagno di ventura, quello con cui ho fantasticato sulla salita guardando questa linea dalla vicina Sella Ursich, quello con cui mi son perso nel bianco delle nebbie ai piedi della forcella. Proviamoci!
Oggi tutti salgono un pò ovunque, tanti vanno al foro, tanti al Forato, tanti in Ursich; un brulicare di puntini neri che risalgono pendii più o meno esposti, un pò ovunque.
Prima del traverso, dietro al rifugio, intravedo un gruppo del soccorso alpino, i nuovi frequentatori del corso per aspiranti tecnici. 3 anni fa ero anche io nei loro panni. Non so che pensare, col senno di poi non credo rifarei le scelte fatte. Con l’amaro in bocca comincio la risalita del vallone di Ursich, la neve tiene bene.
Sono sulla scia di un anziano sci alpinista, mentre sto per raggiungerlo, incurante, si ferma sulla traccia e piazza la pisciata. “Alla prostata non si comanda” – penso – però spostarsi di 5m! Poi magari da vecchio sarò peggio, mi faccio una risata e proseguo.
Sbuchiamo alla vista del pianoro finale, da qui sulla sinistra parte la nostra salita, e se ci saranno le condizioni, anche la nostra discesa. Davanti 2 persone salgono e sono già sul tratto più ripido, decidiamo di prendercela con calma in maniera di farli uscire dal canale ed evitare eventuali blocchi di ghiaccio in movimento.
A terra 1 cm di nuova neve copre la vecchia coltre, tutto ben assestato. Saliamo con le pelli fino a dove cominciano ad essere problematiche le inversioni. Ora è tempo di casco in testa, picozza in mano e ramponi ai piedi.



Salgo tranquillo, la pendenza va aumentando man mano. I predecessori han fatto delle tacche perfette a terra e guadagnamo quota velocemente. Che poi a dirla tutta me la ricordavo più lunga.. E poi di solito a metà c’era una fascia di ghiaccio/rocce tipo ginocchio del canalone Neri.. Oggi tutto è coperto, come tutti gli itinerari difficili delle nostre montagne in questo inverno. Ottimo per la discesa.
Da metà la coltre si fa parecchio dura, a tratti affiora anche del ghiaccio. L’amico si decide a metter i ramponi. Passo in testa e arrivo in cima dove la vista sull’altro versante lascia senza parole.. Un mare di neve. Il circolo del Kanin è solitario ed immenso, non c’è anima viva! Nemmeno i 2 che ci precedevano, volatillizzati.
Sul versante S, al riparo delle rocce si sta tranquilli. Arrivano i miei amici, mangiamo qualcosa e 4 chicchiere distolgono dalla tensione della discesa. Aspettiamo anche una guida che conduce in forcella una cliente, piuttosto bianca in faccia, assicurata con corda e tutto il necessario. Chiedo lumi sulle pendenze, pare siano molto allegre grattando il termine di “sci ripido” piuttosto che quello di O.S.A, mollano poi giù verso il vallone. Convenevoli di rito e decidiamo che Gano sarà il primo discesista.
Lo guardo partire, scende tranquillo, controllato, niente curve, non se ne parla.
Capirò durante la mia discesa anche il perchè. A parte la pendenza, è la neve dura che impone centralità del baricentro e attenzione continua, guai se la lamina dello sci a monte molla e sbatte sull’altro. Non voglio pensarci. Sante lamine e santi Dynafit.
Perdo quota, a metà canale finalmente posso uscire da questa sorta di stretta trincea scavata dai precedenti passaggi e iniziare una sciata più rilassata e divertente. Ormai è fatta..
2 serpentine e mi accomodo vicino a Gano, a godermi la discesa di Stiefin che è l’ultimo del nostro gruppo. Arriverà in breve anche lui.
Saluto “la tedesca”, con gli sci credo non mi riverdà più. Avviato sulla discesa più tranquilla c’è solo il tempo per vedere la cliente della guida scivolare sul pendio, ma lei ha la corda e non ha da preoccuparsi!
Come l’ebbrezza alcolica monta col scendere a valle, anche la gioia per questa discesa tanto agognata si manifesterà prepotente oramai a valle, complice anche una grossa birra bionda capace di sciogliere i famosi freni inibitori.
Mi trovo nei pressi del Fontanone di Goriuda, una delle manifestazioni della natura della Val Raccolana di maggiore impatto emotivo.
La corteccia di un faggio porta i segni del tempo, questa avventura ha lasciato un segno anche in me. Poco prima ho sciato sulla neve, lo stesso elemento che fra qualche tempo si getterà dalle pareti del fontanone di Goriuda, giù verso la Raccolana.

Faccio parte del tutto, un tutto perfetto, quassù. Nel verde delle nuove foglie dei faggi, nello scorrere delle acque del disgelo, nello spuntare di qualche piccolo fiorellino viola dal fogliame, nell’arrivo in cielo delle rondini. La prima volta che le vedo quest’anno.
Tempo di metter via le tavole e pensare ad altro. Sono felice.
Omarut, Gano e Stiefin
Il video:
Bravo Omar!
Anch’io ero la a sella (in trasferta)quel giorno,ma in zona montasio.
Bella linea quella comunque,saluti
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