M. Magro e M. Nevoso, dalla Pusteria a se stessi

25-26.04

A parlare della vita, dei suoi aspetti, delle sue sfumature rischi di farci brutta figura con i più. Di passare come fragile, forse stupido. Eppure la conclusione di una 2 giorni di sci alpinismo va così.

In riva a questo fiumiciattolo, nell’ombelico della Pusteria, con un panino in mano e la birra a mollo nell’acqua fresca. E un grande amico al tuo fianco, con cui hai condiviso tante avventure, tante fatiche per lo più inutili dal comune pensare, eppure pronto a ripartire domani per un’altra stupidata delle nostre.

La faccia un pò cotta, come sempre in questi casi, ma l’anima rasserenata dai 2 giorni appena trascorsi sulle nevi delle Vedrette di Ries, lontani dai “fastidi” del fondovalle. Lontano dai rumori di fondo, dai brusii continui a cui le nostre orecchie oramai sono troppo abituate.

In cima al M. Nevoso, ieri, il silenzio.

E panorami dagli spazi aperti, forse troppo per chi venendo dalle Alpi Carniche ha l’abitudine di sbattere il proprio sguardo sulle cime dirimpettaie a breve distanza. Quassù tutto è grande e lontano, direi imponente.

2 giorni di scialpinismo per chiudere la stagione, mettere un lucchetto a quanto di buono o di cattivo è stato fatto nei mesi precedenti, un modo per guardarsi indietro, ripensare un attimo a quel tratto di vita vissuta con gli sci ai piedi in un inverno dalle eccezionali nevicate. Si cerca sempre la ciliegina sulla torta, e stavolta la torta è risultata davvero buona.

Ingredienti? Una neve ottima, incredibilmente senza vie di mezzo: farinosa in alto, firn dai 2800 in giu. Un rifugio accogliente, seppur senz’acqua, con pranzi e cenette invitanti, dalla buona qualità e grosse quantità.

La valle di Tures, un quadro d’artista sotto i miei occhi da neofito di questi  posti.

E il silenzio, rigenerante e rincuorante.

Ci siamo posti come obbiettivo del primo giorno il Monte Magro, a quota 3273m. Partendo dal parcheggio di Riva di Tures sono 1700m di dislivello, una “sfida” per il mio scarso allenamento stagionale.. Ma almeno proviamoci, la strada per il rifugio la conosceremo percui si starà poco ad invertire la rotta in caso di troppa stanchezza.

Alle 4.45 per Tolmezzo girano solo 3 categorie di persone: netturbini, panettieri e alpinisti matti. Rientrando nella terza categoria recupero Andrea sotto casa e ci avviamo verso la Pusteria, seguendo per le successive 3 ore la via verso il parcheggio di Riva di Tures, Giusto una piccola pausa per un caffè a Dobbiaco circondati da “italiani” austriaci – giornali in lingua tedesca, etc etc ma sono questioni piuttosto conosciute in questa terra di confine. Poi da Campo Tures l’impennata della strada fino alla piana di Riva, fra prati verdi dov’è accomodato il borghetto di case, in uno scenario senza dubbio particolare ed interessante per gli amanti del genere. Siamo al parcheggio, al di là del ponte di legno è già salita verso il rif. Roma che ci scruta dall’alto, 600m di dislivello più su.

Siamo foresti e abbiam scelto la meta all’ultimo minuto, ci sembra doveroso accodarci alla comitiva di personaggi che ha come meta il Nevoso, loro conosceranno di sicuro il sentiero giusto. Qualche dubbio affiora più su, dopo aver lasciato il sentiero battuto dovendo rimontare un canalino di neve e arbusti intricato e piuttosto fastidioso.. Mi informo meglio su chi stiamo seguendo ed ho la conferma dei miei dubbi… Gente di Milano che sale come noi per la prima volta da queste parti.. “Ahhhh bene, penso, nemmeno cominciato chissà dove finiamo”.

In realtà la scelta della via irta, seppur fortuita, comporterà un rapido accesso ai pendii aperti della malga superiore, in vista del Rif. Roma. Il sole ci illumina in questi pianori dove i cirmoli e i larici giocano tra di loro a rubarsi lo spazio per vegetare.

Spazi aperti verso il rif. Roma
Spazi aperti verso il rif. Roma

Il Roma è ad un tiro di schioppo e ci arriviamo per pendii poco marcati su di un manto che sembra ottimo. Sono circa le 9.15, tempo per lasciare le cose in surplus al rifugio per la notte e proseguire verso la nostra prima meta, il Monte Magro.

Dal piazzaletto del rifugio rimontiamo il pendio prospiciente prendendo subito quota e indirizzandoci verso il ghiacciaio della vedretta di Ries. Gli spazi si sono aperti e i cirmoli abbarbicati all’ultimo baluardo roccioso del M. Covoni, sulla destra, occhieggiano silenti sotto il sole d’aprile. Mi impongo delle soste tattiche, almeno ogni 300m di dislivello, meglio stare piuttosto guardinghi. Nel vallone che saliamo c’è parecchia gente, tanti salgono come noi, alcuni sono già in discesa e lasciano sul pendio più su le loro firme bianche. A guardarle bene sembrano tutti ottimi sciatori.. Passiamo una ragazza visibilmente in crisi, dice che è stanca, immobile a guardare un grosso buco nero nel ghiacciaio. Proseguiamo oltre. Passiamo i 2780, non posso esimermi dal pensare alla cima più alta del Friuli, adesso sotto ai miei piedi.

Verso i 3000m gli scarponi mi propongono 2 vesciche, ad entrambi i piedi. 3 anni quasi che li uso e non aver avuto mai nessun problema di questo tipo, sarà colpa della lunghezza del percorso. Guadagnare quota è una faccenda lunga, un itinerario dal forte sviluppo. Il Pelle segue a breve distanza. C’è chi ha problemi con le pelli, c’è chi va per il platoux verso un punto indefinito e poi c’è sto vecchio che mi si è messo davanti e mi blocca la salita. Fino a poco fa non avrei avuto nulla in contrario a rallentare l’andatura, stare in scia e godermi il panorama, ma ora le nuvole da meridione cominciano a oltrepassare la linea delle cime, e sono scure e brutte. Dal Collalto al Collaspro, a destra fino al Nevoso il cielo da azzuro sta diventando grigio e scuro, c’è anche qualche fiocco di neve che cade sulla mia giacca.

E io dietro a sto vecchio.

A quota 3100 mi spazientisco ed azzardo il sorpasso, so che lo pagherò ma l’idea di non giungere alla vetta per colpa dell’andatura del senile signore, con l’alzataccia fatta e i km percorsi mi rinvigorisce parecchio e giungerò alla croce di vetta in breve, dopo l’ultima divagazione verso destra di una traccia che adesso vedo a stento a causa del white out. La prima è fatta, Monte Magro, 3273m, aspetto il Pelle che arriverà in breve per essere soddisfatto al 100%. Non possiamo tergiversare troppo e cominciamo la discesa anche se la visibilità è scarsetta.. Tuttavia migliorerà scendendo.

La fortuna ci assiste ed incontriamo campi di neve farinosa (ad aprile?) e goduriosa da sciare nonostante le gambe stanche per la lunga ascesa. Visto l’orario ce la prendiamo comoda e raggiungeremo il rifugio verso le 13.30, in tempo per un bel piattone di patate, speck e uova.

Sopra il rifugio
Sopra il rifugio
Lontanissimo... Il Magro
Lontanissimo… Il Magro
Crepacci
Crepacci

Il pomeriggio al rifugio passerà tranquillo, tra una partita a scacchi ed un birra, tra una capatina all’esterno a riempire le ossa di montagna e una ricca cena passata a 2m da una stufa d’acciaio che abbronza più del sole sul ghiacciaio.

La notte in camera sarà frescotta ma con 2 coperte e il sacco a pelo non si vivacchia male.

Il bagno è senz’acqua e comune a tutti gli uomini del rifugio. Aleggia un profumino che mi ricorda quand’ero in caserma, oramai 14 anni fa, la finestra aperta rende allegra anche l’atmosfera delle “sedute”..

Alla sera il rifugista nutre poche speranze di bel tempo per il giorno a venire e consiglia tutti i diretti al M, Nevoso di partire presto e rientrare altrettanto. La sveglia alle 5.45. Colazione a suon di marmellata e burro, e formaggino spalmabile – gli abbinamenti da gourmet li lasciamo a fondovalle.

Usciremo e partiremo per primi, sulla traccia ghiacciata che volge a S-O e in leggera discesa, mirando al vallone che scende dall’antecima del M. Nevoso. Oggi il dislivello per noi è più abbordabile – 1100m dal rifugio alla cima. La mandria ci seguirà a breve e saliremo come le pecore, chi a destra  nel sole e chi a sinistra, come noi, nell’ombra. Oggi non perdiamo troppo tempo a guadagnare quota, peccato solo che lo zaino sulla schiena è tornato a riempirsi di tutto e non è proprio una piuma.

La traccia sale dei mammelloni bianchi con 2 cambi di pendenza più impegnativi. Poi un lungo traverso sotto a quella che erroneamente crediamo essere la cima, e quindi il muro più ripido dell’ascesa. Niente di incredibile, siamo sui 35°. Chi ci precede comunica la necessità dei rampant, mi fido e seguo le indicazioni. Scoprirò poi che saranno tutte precauzioni inutili, neve buona e poco ghiaccio.. Solo una traccia fatta da qualcuno che probabilmente aveva la turboreazione e non ha applicato la regola dei 30°..

Giungiamo allo spallone, adesso la fatica accumulata dei 2 giorni comincia a farsi sentire.

Il tempo va guastandosi, come da indicazioni del rifugista crucco. Un lungo traverso all’ombra della cresta sommitale taglia un pendio ripido che mi pare piuttosto pericoloso, eppure parebbe che tutti se ne freghino e continuino imperterriti la loro ascesa.

Fuori dal traverso sono contento, 2 foto al Pelle e raggiungo la vera cresta dove la maggior parte degli alpinisti lascia i propri sci per proseguire a piedi. Mancheranno 50m di dislivello e i nuvoloni vanno e vengono, c’è ancora una buona visbilità ed essendo venuti per sciare decidiamo di comune accordo di togliere le pelli e farci questa discesa di 1800m di dislivello.

La parte alta è in ottime condizioni, seppur solcata un pò ovunque troviamo spazi ancora vergini dove apporre la nostra “firma”.. Si perde quota velocemente in un ambiente che adesso si lascia guardare ancora meglio, siamo io, il Pelle è un’altro sciatore che ha un particolare senso per la neve. Finite le zone farinose, come ieri, passiamo direttamente al firn al sole o ad una neve compatta e tirata come in pista all’ombra. C’è solo l’imbarazzo della scelta. Una bellissima discesa fino ai pendii della malga dove ieri abbiam fatto la conoscenza con il rifugio. Adesso, invece, salutiamo il nostro ricovero che scompare alla vista nascosto dai cirmoli che si rifanno rigogliosi man mano che si perde quota. Tra sassoni di granito e grossi ciocchi divelti, il sentiero n°8 che oggi seguiamo per il rientro ci porta sempre più vicino al parcheggio, non impigheremo molto ad arrivare oltre il ponte, dove l’avventura è cominciata il giorno prima e adesso va concludendosi nel migliore dei modi.

Il granito, che bella roccia, mi viene voglia di arrampicare, tanta, concludo qua la mia stagione di sci alpinismo.

Anche quest’anno abbiamo dato.

Omarut e Pelle

La via di salita
La via di salita

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Prima del traverso
Prima del traverso
Sul pendio verso la spalla
Sul pendio verso la spalla

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Info utili: non essendo oriundo dei posti non mi sento la persona più adatta a dare informazioni specifiche in merito e rimando alle numerose guide, informatiche o fisiche, che si trovano in internet. Di sicuro le 2 sciate, che sono giustamente delle classiche, meritano per la bellezza dei luoghi e per la qualità della neve che viste le quote immagino restare farinosa a lungo. Il Rifugio Roma è gestito da persone in gamba che sanno mettere a proprio agio i frequentatori ed offrono tutto il necessario allo sci alpinista. Unico neo è il rientro da quota 2000, per la vegetazione fitta di difficile sciabilità, per il resto consigliabilissimo! M. Magro MS – M. Nevoso BSA

 

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