17.07.2014
L’estate, sulle quote delle Alpi Carniche, porta la tranquillità di momenti indimenticabili, attimi che mi piace vivere sul far della sera, con qualche amico fidato oppure anche da solo.
Il sole si attarda in questi mesi, ancor più che nelle vallate, sulle cime e le dorsali che custodiscono il segreto della luce del tramonto. Cogliere l’ultimo raggio, quello che chiamano “verde”, dalla cima di una delle mie montagne mi regala emozioni indicibili che custodisco nella memoria e più giù, poi, nel cuore.
In questi tempi, caratterizzati dalla calura, è bello passare le giornate in fremente attesa delle 17 quando, finito il tempo del lavoro, corro a casa per spogliarmi degli abiti borghesi e cambiare pelle, indossare la mia muta preferita, quella da montagna. Come un animale, perchè l’attaccamento alle altitudini in me è recondito e animalesco; me ne son fatto una ragione, se mai debba trovare una giustificazione con me stesso.
I miei amici non sono da meno, andiamo tanto d’accordo proprio per questo.
Incrocio di sguardi luminosi al parcheggio, nastri di asfalto sotto le ruote e l’arrivo a destinazione, ad un passo dal confine austriaco. La temperatura afosa si è già ben mitigata. In cielo il sole gioca a nascondino, tra nuvole bianche come enormi cavolfiori o più scure ed oltremodo incombenti..
Saliamo la solita valletta, qua mi conoscono perfino i sassi! Conduce in alto alle falesie che ho attrezzato, eppure quest’inverno è stato capace di portare cambiamenti importanti. La neve, o meglio le slavine con il loro abbraccio, hanno letteralmente sradicato ogni forma di albero presente. I larici, dalle taglie più disparate, sembrano inginocchiati a pregare, come i Mussulmani verso LaMecca. Puntano le chiome, o quel che ne resta, verso valle.
Un esercito schiantato.
Mostrano radici ingorde, ancorate alla miseria che questo terreno sassoso porta.
Ma la vita avanza, dal piccolo al grande. Nonostante la minuta mole, i rododendri hanno resistito, le valanghe con la loro veemenza nulla hanno potuto contro questi cespuglietti che stanno esplodendo di vita, al limite della fioritura estiva. E poi felci, botton d’oro e genziane. Un mosaico a cui è difficile abitursi, riesce sempre a meravigliarmi.



Ha preso a piovigginare. Nulla di serio, per ora, maggiore il sudore per la salita che l’acqua dal cielo.
Sul costone dello “stivale” attraversiamo campi solcati di calcare dove l’acqua da millenni sta disegnano le sue linee preferite, anche questo fa parte delle mie montagne.
Al passaggio “della scaletta” tutto è oramai bagnato. Noi lo siamo, dalla testa ai piedi.
Le rocce sono delle saponette, il cavo metallico di questo tratto atrezzato pare un’anguilla viscida. Con attenzione ci caliamo nella galleria naturale e attraversiamo in quota in un mare di ortiche, rigogliose quanto basta per raggiungere i nostri polpacci scoperti..
Nel vallone della Cjanevate numerose salamandre nere vivacchiano nell’umido, loro sono più che contente. Noi oramai rassegnati, come del resto le nostre magliette iper tecnologiche e traspiranti che hanno fatto più del possibile.
Il cielo va incupendosi, porta nebbie e frescura. Gli ultimi istanti della Creta di Collina sono quasi bagliori dalle lavagne rocciose, specchi di pietra dove l’acqua scorre superficiale. Inusuale visione di una montagna tanto amata.
Ai piani delle acque nere, la nebbia va serrando le fila. Scende il sipario davanti a noi, a una ventina di metri s’è fatta cortina bianca, lo sguardo non può passare oltre. Saranno gli altri sensi a condurmi verso il rifugio Marinelli che so essere un centinaio di metri più su. Vado correndo, sto bene. Dalla lattugine compare d’improvviso il cane del rifugio, un pastore tedesco tutto d’un pezzo. Gioco la carta della dolcezza: lo saluto affettuosamente e dribblo la sua figura scura sperando che le mie gambe non vengano azzannate.
Sul piccolo piazzale d’assi lignee sventolano preghiere tibetane. Bandierine d’ogni colore portano al cielo pensieri e richieste. Pensare che siano di un ragazzo che vive dall’altra parte del Mondo ha un significato profondo – la nostra Terra è la stessa, il cielo anche. Friuli o Tibet.
C’abbiamo messo 1.30h, le tabelle CAI indicano 2.40h.


Arrivano tutti. All’interno il clima è caldo e festoso. La gestrice, con il suo proverbiale sarcasmo, ci serve un’ottima Radler in delle grosse bottiglie colorate. Fuori piove a dirotto e i cespugli sono smossi da un forte vento che ha iniziato a soffiare improvvisamente dal basso. Il rifugio Marinelli si trova su di una forcella a quota 2120, affacciato sulla Valle del But nonchè sulla vicina del torrente Degano. Ancora accaldati per la salita ci godiamo un tragico spettacolo ben sapendo che in breve dovremmo rimettere fuori il naso, abbandonando il tepore della stanza per rientrare alle auto parcheggiate 800m più giù.
La pausa. Approfittiamo subito per rimetterci in cammino. Ma è quiete prima della tempesta!
Scesi di 100m, quasi d’improvviso, le dorsali della Plotta vengono prese d’assalto da nuvoloni veloci, cattivi. Sembrano cercarci e venire incontro a chi ha osato sfidare le terre alte a qust’ora tarda. Le saette corrono ed arrivano inaspettate a poche centinaia di metri. Il cambiamento metereologico è talmente veloce che mi lascia perplesso. A Nord. sopra il M. Coglians e la Cjanevate, il cielo azzurro lasciava presagire stabilità eppure la forza ascensionale dell’aria di vallata porta con se un’elettricità paurosa, accumulata nel primo giorno di vero caldo.
Siamo nella terra di nessuno, fronte a noi la prima linea dove impazzano le scariche. Un’unico pensiero: raggiungere la Malga Plotta e nascondermi all’interno! Inizio a correre, saranno 10 minuti di timore reverenziale verso forze talmente grandi che risultano quasi affascinanti. La strada scende, interminabile come i tornanti che ci dividono dall’ingresso e dalla momentanea salvezza. Corro grattando i bastoncini in carbonio a terra, scaramanzia e gesto forse del tutto inutili. Il tracciato percorre la stessa dorsale dove le saette stanno colpendo il terreno, solo un pò più in basso. E’ il tratto peggiore. Corro a più non posso e finalmente apro l’uscio della malga, tirando un grosso sospiro di sollievo. Ora da qua non mi schioderò finchè la tempesta non si sarà placata.
Mi accorgo solo ora che la temperatura è in picchiata. Indosso abiti leggeri e un pò ne risento. E’ proprio vero il detto popolare che dice “in mont, pan e gaban” – che tradotto sta per “quando si va in montagna, al seguito è necessario avere cibo e indumenti adatti”. Sante parole!
Nella zona del Pal Piccolo e lungo tutta la dorsale imperversa un temporale pauroso, le scariche cadono prepotenti, i tuoni riempiono il cielo e poi la terra.


Finalmente pare placarsi, o quanto meno allontanarsi. Sono le 21 e ci sarà ancora poca luce. Ci rimettiamo in marcia. Più giù nei prati pascola un’enorme gregge. I pastori sono lì vicini, ne carpiamo le sagome in questa semioscurità.. Uno doveva essere al gabinetto, dietro un cespuglio. La nostra presenza infastidisce l’atto “nemmeno quassù un pò di privacy”.. Ce la ridiamo ben sapendo che non vedranno altre anime dopo le nostre, quassù, stasera.
Passiamo la malga Val di Collina, poi divalliamo fino al cupo bosco di abeti dove tocca accendere le frontali. L’ultimo sforzo è la risalita, breve, verso passo Monte Croce. Ormai è buio pesto. Da lontano l’albergo del passo è un faro per viandanti, in pratica solo per noi.
E’ tornata la quiete, in alto le stelle, quaggiù un gruppo di amici pronti a ripartire domani per altre emozioni condivise.
Omarut, Pelle, Psycho, Mazzo e
INFO UTILI: La salita dal Passo di Monte Croce Carnico al Rif. Marinelli è una bella escursione che accompagna al cospetto delle cime della Creta di Collinetta, di Collina, della Cjanevate e del Gruppo del Coglians (la montagna più alta del FVG). Nel primo tratto di ascesa si percorrono le mulattiere degli alpini costruite durante la prima guerra mondiale, i resti delle opere di cresta e dei baraccamenti sono ancora ben visibili. Oltre il passaggio della scaletta (breve tratto alpinistico assicurato con corde e staffe), il tragitto sale i terreni carsici calcarei tipici della zona dei Monumentz per salire infine le pendici prative del M. Floritz dov’è posto il Rif. Marinelli.In salita seguire il sentiero CAI n°146, tempo di ascesa 2.40h per 8km. La discesa può essere effettuata attraverso la Casera Plotta e la Malga Val di Collina, sent. CAI n°148 – tempi 2.40h per 11 km. Percorso ad anello.