La forra de “Las Callas”

15.03.2015

Si sa che in montagna così come nella vita di tutti i giorni non sempre quanto desiderato diventa poi realtà. E’ il caso di questa domenica di marzo dove il meteo ha giocato con noi prendendoci in giro e travestendosi da inverno, quello vero, quello che quest’anno non s’è mai fatto vedere.

Sulla strada che sale verso il Cason di Lanza nevica a larghe falde, ci sono 3° gradi, siamo talmente attoniti che non proferiamo parola tra noi. Di salire la Nord prescelta non se ne parla nemmeno, come non è nemmeno il caso di proseguire oltre con l’autovettura. Se continua a nevicare così tornerà tutto ad imbiancarsi, ed è quasi primavera.

Lo senti nel cinguettio dei pennuti che popolano i dintorni, il fermento è palpabile, eppure i fiocchi bianchi che dal cielo cadono cercano di riportare il silenzio nel bosco, di bloccare ancora per un pò questa eccitazione che cova nella selva.

Va trovata un’alternativa per non sprecare quest’alzataccia che ci siamo imposti: davanti a noi i cartelli che indicano l’anello per la forra de Las Callas, ho sempre tirato dritto alla baita del Nelut, ma oggi è la giornata giusta per andare a vedere cosa c’è giù in basso dove scorrono le acque del Chiarzò.

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Partiamo in discesa, vestiti da parete Nord, su una bella mulattiera che porta i segni del tempo ma che traspira dignità. Gente che sapeva il fatto suo, ai tempi, a disegnato un’infinita serie si serpentine giù verso il fondo della valle, tra pareti di calcare, grosse piante di faggio storpie per l’età e muretti di sostegno a secco. La quota si perde velocemente, in discesa è un attimo.

Il sentiero volge ora verso N-E ed esce dalla monotonia del bosco nell’alveo del torrente Chiarzò, portatore in secca di scheletri lignei levigati dalla forza delle acque, nonchè di grossi sassi dai colori più disparati.

Seguiamo sulla sponda orografica sinistra i bolli del CAI, cominciano ad esserci anche dei cavi metallici di sicurezza sebbene, in pratica, superflui.

Il sentiero oltrepassa un ramo del fiume e raggiunge un’isola verde dove mi perdo a fotografare acque che scrosciano, poco oltre comincia la parte più “prepotente” della forra, quella che lascia a bocca aperta chi sa ancora emozionarsi.

Sulle prime non capisco in che modo continuare, calamitato dalle pozze che s’intravedono nello stretto canyon e dalle brume schiumose, ma poi sulla destra ripartono i cavi nonchè un sentiero intagliato nella viva roccia. Costruito ai tempi per capire se fosse realizzabile un bacino idrico montano, fortunatamente un’idea cestinata.

Da qui il rumore si fa assordante, il cammino procede a circa 30m sopra ai vortici e ai mulinelli, in un corridoio di roccia piuttosto comodo e mai esposto.

Le pareti incombono per 200m sopra di noi, non pensavo che potesse esservi cotanta “natura” quaggiù.

Proseguiamo tra resti di ghiaccio colante dalle pareti, la forra va aprendosi e riappare un bosco pacifico dove il sentiero si arrampica per chiudere l’anello alla Baita del Nelut.

Un posto che va visto a cuore aperto, lasciandosi impressionare dalle forze della natura, quelle che oggi han bloccato i nostri intenti ma che ci han permesso comunque una scoperta senza dubbio interessante.

Omarut e Pelle

Info utili: il percorso de Las Callas è, in parte, interessato dal sentiero CAI 442 che da Paularo porta alla cima dello Zermula. Il modo più rapido per accedere alla forra è di parcheggiare all’altezza della Baita dal Nelut lungo la strada che da Paularo porta al Cason di Lanza e seguitare sul sentiero in discesa guidati dalle indicazioni in loco. L’anello si percorre in circa 1-1.30h, dislivello complessivo 500m circa. Lungo il percorso ci sono lunghi tratti attrezzati di recente, tuttavia non è necessaria avere attrezzatura specifica al seguito. Difficoltà escursionistica con alcuni passaggi più esposti.

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