Di magie e stregonerie, le Babe della Val Resia

10.04.2016

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Le Babe vestite d’inverno (ph. Marco Di Lenardo)

Stanno in fondo alla valle, alla testata della conca resiana. Sono le Babe, cime strane, cime che ti colpiscono per la loro singolare forma appena giri l’angolo, all’inizio della valle. Lontane, le ultime in fondo a questa porzione di orizzonte che è la Val Resia. La loro sagoma ti segue ovunque, da quando ti mettono gli occhi addosso non ti mollano più, finché sei nei paraggi.

Passai ai loro piedi alla fine di una estate di qualche anno fa, era quasi tramonto e l’imbrunire diffuso riusciva a malapena a ridimensionarle. Guardai altrove con indifferenza ma mi resi conto che la magia era stata lanciata su di me. Lo capii qualche ora dopo, lungo la dorsale spoglia che dal Monte Guarda degrada lungamente verso il Nische. Prima di inoltrarci nel folto del bosco l’ultimo sguardo fu per quelle due piramidi di pietra.   

Anni dopo sento ancora  i loro profili incunearsi nei miei pensieri, mentre preparo la mia attrezzatura nell’umidità stantia di un parcheggio in mezzo al bosco. Condannato alla conoscenza diretta di ogni profilo, ogni altura, ogni cima che scatena in me un’emozione, voglio avvicinarmi oggi al Mondo magico delle Babe assieme ai miei amici migliori. Chiederò alle signore di pietra, le Babe appunto, il permesso di salire leggero cercando di non lasciare traccia del mio passaggio. Farò altrettanto nella discesa con gli sci, la mia maniera di rendere omaggio a delle montagne incantate come queste.

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Con gli sci in spalla oltrepassiamo i pascoli di malga Coot mentre un comignolo fumante fa a pugni con il verde che accende le gemme di alberi e prati nel pieno del risveglio primaverile. Pensare al caldo tepore del fuoco mentre attorno sui prati sbocciano le prime fioriture bianche della bella stagione ha qualcosa di stonato, corda allentata di una chitarra che non suona come dovrebbe.

E’ tempo di conoscere gli spiriti delle Babe, quelli che mi porto appresso da quando conobbi queste cime di sfuggita quella sera di settembre. In alto si vedono chiaramente, stanno architettando giochi di luce, raggi che dalle punte dei colossi di pietra trafiggono un cielo dove le nuvole giocano a rincorrersi. Il tumulto nell’atmosfera è vivo e palpabile. Le masse dei vapori sopra di noi cambiano continuamente colore, forma e densità. A volte pare si scateni in cielo la sorellastra bianca di un’aurora boreale. Che siano queste le anime delle Babe?

Se gli spiriti quassù sono spettri che giocano con i raggi del sole, spero di comprendere oggi anche lo spirito di queste montagne, l’essenza di queste tozze torri accompagnate nel loro dominio della Val Resia dal piccolo grande pinnacolo del Mulac. Sotto alle sue verticali pareti qualcuno ha posto il bivacco Costantini, in una nicchia riparata dove lo scorrere delle valanghe è solo un innocuo trambusto. Punto di colore in un quadro d’autore dalle tinte chiare delle nevi e scure di mughi e rocce.

Saliamo i primi pendii di un vallone ancora ingombro dai resti delle slavine invernali. Attorno tutto scende, tutto mira al basso. Rare ed aeree sono le fasce di erba che ricoprono le pareti meridionali del Lasca Plagna e dello Slebe, le streghe durante l’inverno hanno assestato colpi di magia ben mirati facendo cadere a valle i paramenti della montagna dirimpettaia. Ma la natura si riprenderà, lo fa da sempre.

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Salgo ansioso. I pendii si fanno via via più ripidi e le pelli della mia amica stentano a fare presa sulla traccia ghiacciata. Mi sento osservato da mille sguardi, dalle scure pareti sovrastanti merlettate di massi in bilico. Sarà una salita con il fiato corto, oggi qualcosa mi dice di stare particolarmente attento. Che siano maligni gli spiriti delle Babe?

Guardo in alto. Lontana da me sta una processione di folletti neri che risale in fila indiana il canale. Si delineano marcatamente sullo sfondo bianco, portano zaini in spalla e lunghe aste legate ai piedi, probabili servitori degli spiriti e, come il sottoscritto, soggiogati dalla magia di queste montagne.

Più su la neve si lascia scalfire dalle lamine. Riesco a rilassarmi vedendo che anche chi mi accompagna non mostra problemi di sorta nel proseguire l’ascesa.L’uscita in forcella è un salto nella luce dopo una salita all’ombra della parete Nord. Il panorama si apre sul grande altopiano del Kaninski Podi, circondario di pietra butterato da grotte, depressioni ed inghiottitoi.

La cima è vicina, ci arriviamo salendo nella nuova neve caduta in una notte d’aprile. Anche questa è magia?

Dalla cima della “Grande Signora” si vede il mare in una finestra tra le nuvole. Giù le valli hanno già indossato l’abito verde della primavera.

E’ tempo di abbandonare questa cima e il suo tepore rigenerante.

Scendiamo alla forcella sull’ennesima “polvere di Giulia” di questo inverno oramai sfiorito.

I ripidi ombrosi del versante Nord sono addomesticati da un calore che ha sciolto le corazze di ghiaccio e i nostri sci non faticano a disegnare curve bianche, forse le ultime di questa stagione.

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Nel canale dell’Infrababa sta volando l’elicottero del 118, probabilmente gli spiriti (quei pochi maligni che albergano da queste parti) hanno combinato qualcosa..

Poche parole scendendo, solo una sensazione di stupenda calma.

La magia delle Babe sta negli occhi sorridenti dell’amica che ci accompagna, nello schioppettare di un fuoco a legna in una casera d’altura, nello sdraiarsi sereni sopra ad un masso a rimirare quanto appena disceso.

Nelle pozze color smeraldo dei torrente della Val Resia.

Omarut, Max, Pelle e Asia

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Info utili: L’accesso più semplice al percorso scialpinistico per la Baba Grande avviene, a tarda primavera, seguendo in automobile la strada per malga Coot ( in Val Resia seguire le indicazioni per la frazione di Stolvizza e quindi Coritis / Malga Coot) e parcheggiando nei pressi del cartello di divieto al transito a pochi minuti dalla malga. Indispensabile un’automobile che non sia troppo bassa in quanto sono presenti forti pendenze con canalette di scolo piuttosto profonde! Se la strada dovesse essere chiusa consiglio di aspettare che il limite della neve si alzi: alcune guide riportano come partenza dell’escursione l’abitato di Stolvizza. Sconsiglio questa ipotesi (ovviamente è un parere personale) per l’inutile lunghezza dell’ascesa nonchè per la scarsa sciabilità della parte bassa.

In condizioni di neve come quelle da noi rinvenute è conveniente salire poco oltre la malga Coot e prendere sulla sinistra il sentiero CAI 642 che in falsopiano attraversa i pendii verso la casera Berdo. Si incrocerà così il fondo del vallone che scende dalle Babe, solitamente ingombro dai resti sciabili delle slavine invernali. Da qui il percorso è evidente, mantenendo il ramo di sinistra alla biforcazione dei valloni nei pressi del bivacco Costantini (quota 1700m). Superiormente il valloncello diventa sempre più ripido fino a sbucare sulla forcella a poca distanza dalla cima della Baba Grande a quota 2160m. Discesa dalla cima solo se in condizioni di neve sicura oppure dalla spalla finale rientrando lungo l’itinerario di salita.

Tutto l’itinerario si sviluppa lungo pendii dove si incanalano le slavine dei sovrastanti versanti, è quindi obbligatorio percorrerlo unicamente con condizioni di neve sicura. Utili in caso di ghiaccio ramponi e picozza.

Dislivello dal parcheggio indicato circa 1000m.

Difficoltà BS (3.1-F-E2).

 

 

 

 

 

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