09.03.2017
Da un po’ di tempo rimugino sugli avvenimenti di questo inverno. Stagione bislacca, con pochissima neve arrivata oramai con la primavera alle porte. Del resto è innegabile che la tendenza climatica sia questa e noi, amanti degli sporti invernali, dovremmo farcene una ragione. Ed in parte io me la sono fatta. Le prime nevicate equivalgono alle prime sciate, subito tutti a caccia della neve migliore, dei canali da segnare per primi, dei pendii dove poter dire “guarda, finalmente!”
Avvenimenti, dicevo, che hanno attirato gli onori della cronaca con le inevitabili polemiche e scontri di vedute tra avverse fazioni di chi si schiera a difesa dell’una o dell’altra parte. È fuor di dubbio che tante persone che dibattono di ambiente invernale e ciò che ne succede non abbiano la minima idea di cosa sia la montagna d’inverno, o comunque la montagna in queste stagioni sempre più “pazze”. È altrettanto vero, però, che il numero di fruitori degli sport invernali in ambiente impervio è aumentato in modo esponenziale e, a volte, a ciò non corrisponde per queste persone una formazione specifica o qualsivoglia cultura della sicurezza che l’ambiente invernale impone. Alcuni parlano di mode, io voglio fare qualche considerazione su tragedie come quelle del crollo della cascata di ghiaccio in Valle D’Aosta e delle valanghe che hanno travolto sci alpinisti e freeriders un po’ su tutto l’arco alpino.
Insomma, parlo di fatti dove la montagna è comune denominatore.
Tiro in ballo una serie di considerazioni, personali, a cui sono giunto dopo 20 anni di scialpinismo, escursioni invernali, analisi di incidenti, studio della letteratura disponibile, prove sul campo, interventi con il soccorso alpino, etc etc. Considerazioni forse stupide ma basilari. La “pulce nell’orecchio” che voglio mettere a chi, responsabilmente, pensa prima alla propria incolumità e solo successivamente allo svago alpino.
Leggo sempre più spesso sui social network o su riviste del settore o blog, pareri discordanti e, a volte, tante stupidaggini. Volevo dire la mia su alcuni punti messi in discussione e sostenuti a spada tratta dai seguaci dei video della Red Bull o della Teton Gravity.. Per citarne solo alcuni, ma gli esempi “nostrani” sarebbero parecchi.
Il rischio “emulazione ignorante” è dietro l’angolo.
Punto 1 – Bollettino valanghe: Uno strumento la cui consultazione reputo estremamente utile, anzi, indispensabile. Chi, per pianificare le proprie uscite, non lo consulta è un incosciente. La correttezza dello stesso è dimostrata dagli ultimi fatti, sulla bontà delle valutazioni riportate non ci piove. Il bollettino dovrebbe essere esaminato prima di ogni uscita e studiato con cura da chi pratica sport invernali in ambiti non gestiti. Sul documento vengono indicati tutti i dati necessari a organizzare un’uscita in ambiente: dati meteo, situazione generale del manto nevoso ed eventuale evoluzione, localizzazione delle zone pericolose e grado di pericolo. È indubbio quindi che l’osservanza ed il rispetto delle indicazioni riportate, di per sé, favorisca l’aumento della sicurezza personale. Però quanto riportato sul bollettino deve essere compreso ed elaborato dai singoli e non è possibile improvvisare nulla al riguardo. Diffidare dai finti esperti o da chi dice che il bollettino non serve a nulla, ce n’è tanti in giro…
Punto 2 – Grado 3, questo maledetto: La scala del grado di pericolo indicata sui bollettini valanghe è compresa tra 1 e 5. Interpretazione personale: 4 e 5 sono gradi che suggeriscono di restare sotto le coltri. Con grado 3 le statistiche registrano il maggior numero di incidenti. Uno legge 3 e pensa “Dai, è una via di mezzo, cosa vuoi che succeda?!” E invece al grado 3 corrispondono situazioni in ambiente di difficile gestione e/o individuazione se non si è veramente preparati in merito. Qua torna utile la lettura del bollettino valanghe, vedi punto 1, per individuare le zone di pericolo e, di conseguenza, starne alla larga! Da poco ho visto dei video, ovviamente pubblicizzati sulla pubblica piazza, di queste persone che affrontano con grado 3 un’uscita che, personalmente, reputo molto pericolosa e da cui sono tornato indietro parecchie volte attendendo condizioni più sicure. Il bollettino indicava chiaramente un marcato pericolo di slavine in quella zona e in quel contesto eppure sono scesi e, non paghi, hanno pubblicizzato il tutto con toni entusiastici creando aspettative e voglia di neve fresca nei followers. Il giorno dopo, puntuali, i seguaci sono subito andati a ripetere l’itinerario. Il bollettino continuava a mettere in guardia alla stessa maniera e anche questi se ne sono fregati. Ecco, mi piacerebbe vedere meno video di questo genere e più video di gente che torna indietro. Sarebbe una novità contraria all’attuale tendenza, la rincorsa della neve appena scesa, della polvere – della powder – come la chiamano i freeriders. La neve fresca, a volte, può essere più stabile di una neve caduta da giorni ma è una condizione piuttosto rara e serve essere molto preparati per capirlo. Indi per cui..
Punto 3 – Il fatto che un pendio sia già tracciato (salita e/o discesa) non vuol dire che sia sicuro! Il comportamento del manto nevoso è molto complesso e le variabili in gioco sono tantissime. L’assestamento della neve può durare da alcuni giorni fino a periodi ben più lunghi nei versanti in ombra (con condizioni ambientali sfavorevoli). Ricorda quindi di non credere che in presenza di tracce il pendio sia sicuro ma affidati, in primis, alle valutazioni del bollettino. Vedi punto 1.
Punto 4 – Cambiare la cultura del “tutto subito” con quella del “quel che basta e a tempo debito”. I vecchi dicevano “lo scialpinismo si fa da marzo in poi”. Lo scialpinismo si può fare dalla prima nevicata di stagione ma con i dovuti accorgimenti – vedi punto 1. Uscire con gli amici per un w.e. di salite/sciate, magari lontano da casa e trovarsi delle condizioni pessime deve significare l’annullamento di quanto preventivato, a costo di aver fatto il viaggio inutilmente o di aver consumato le preziose ferie in automobile. Le montagne, si dice, sono sempre lì ad attendere, non vanno da nessuna parte…
Punto 5 – Avere sempre con sé la dotazione di sicurezza personale composta da ARTVA, pala e sonda e, soprattutto, saperla utilizzare! Mi sono capitati molti casi, anche di amici, che non hanno idea di come si usi l’apparecchio per la ricerca di travolti da valanga (ARTVA). Ritengo ciò di gravità assoluta come assoluta è l’ignoranza di chi si muove in ambiente invernale senza tali attrezzature. “Eh ma costano troppo…” A queste persone chiedo di riflettere se la propria vita valga o meno 150€.
Dato per scontato che ogni sci alpinista o ciaspolatore ce l’abbia, il proprio apparecchio ARTVA va conosciuto a fondo. Provalo e riprovalo, organizza incontri con i tuoi amici e nascondeteli a turno, anche al buio per rendere più veritiera la simulazione. Documentati, frequenta i corsi del CAI o quelli specifici organizzati dalle guide alpine. Ricordati di sostituire le batterie ad ogni stagione e ogni volta che il livello delle stesse segnalato sul display scende al di sotto del 50%; le temperature fredde dell’alta quota così come l’eventuale utilizzo in fase di ricerca consumano molta più energia di quello che credi. Conoscere il proprio ARTVA dev’essere quindi una priorità perché, nel malaugurato caso che dovesse servire, la situazione sarà di agitazione assoluta e una buona formazione di base aiuterà sicuramente in quei momenti.
Hai la sonda? Bene, hai mai provato ad utilizzarla? La sonda, come l’ARTVA, è uno strumento fondamentale e, seppur più semplice, va saputo usare. Partecipa a una delle giornate organizzate dalle varie delegazioni del C.N.S.A.S. sparse sul territorio italiano nelle giornate di “sicuri sulla Neve” o ai corsi del CAI, o prova tu stesso a nascondere nella neve, sotto un adeguato spessore, vari materiali per renderti conto di ciò che si sente sondando e della differente risposta dell’asta.
Sulla pala non c’è molto da dire se non che sia obbligatoriamente presente nel tuo equipaggiamento e, preferibilmente, sia realizzata in materiale metallico e non plastico. Esperienze dirette hanno insegnato che certe pale impiegate per disseppellimento in valanghe di neve primaverile si sono rotte in meno di 5 minuti. In caso di necessità ricordati di spalare la neve a valle del punto di possibile seppellimento cercando di creare una zona di spazio libero pari alla profondità di sondaggio che aiuterà il travolto nelle successive fasi di estrazione ed eventualmente di stabilizzazione sanitaria.
Punto 6 – Gli sbalzi termici troppo repentini fanno ormai parte di queste stagioni invernali dal clima anomalo e mettono in crisi le manifestazioni mutevoli della natura come le cascate di ghiaccio e il manto nevoso. Se le previsioni meteorologiche indicano rialzi termici troppo bruschi evita di metterti in pericolo andando a scalare sul ghiaccio o scegli di conseguenza il giusto itinerario sci alpinistico considerando l’orario di partenza adeguato. Vedi comunque il punto 1!
Punto 7 – C’è brutto tempo? Stai a casa o scegli itinerari esenti da rischi. Più facile a dirsi che a farsi ma non sarà una domenica spesa sul sentiero del pellegrino al Lussari anziché in qualche canale a rovinare il tuo curriculum. L’aria buona respirata è la stessa.
Punto 8 – Vestiti adeguatamente. Il tuo vestiario dev’essere adeguato a fronteggiare anche eventuali situazioni non contemplate nella tabella di marcia. In montagna può succedere di tutto. Può rompersi un attacco, può spaccarsi uno sci, qualsiasi cosa. Avere degli indumenti termici al seguito, un telo termico, una pila frontale, un piccolo kit di pronto soccorso e un attrezzo multi utensile possono rivelarsi estremamente utili se non fondamentali.
Punto 9 – Porta sempre il telefono cellulare. Niente da aggiungere, in caso di emergenza, ad oggi, il numero per l’attivazione del soccorso alpino è il 118.
Punto 10 – ABS o Avalung possono anche non salvarti la vita. Queste attrezzature possono essere utilissime ed esserne dotati favorisce intrinsecamente l’aumento della sicurezza personale ma è altrettanto vero che in caso di valanga tali attrezzature possono non bastare a preservarti! Da qui ti rimando al punto 1 e al fatto che dai contesti pericolosi bisogna stare alla larga!
La maturità di un alpinista, ma anche di chi tale non si reputa ma frequenta la montagna d’inverno, si concretizza nelle scelte che fa, da come si comporta in certi contesti, dalla capacità di evitare di mettersi in pericolo quando le condizioni della natura non sono quelle giuste per accettare la presenza dell’uomo. La capacità personale di sottrarsi alla logica del “io rischio = io valgo” va incentivata e condivisa.
Ieri ho visto uno “sciatore fenomeno” (l’ho definito tale non certo per le doti sciatorie) che mentre viene travolto da una grossa valanga continua, nonostante tutto, ad inquadrarsi e mantenere alto il braccio fuori dalla neve per le riprese.
Mi chiedo quanto valga per taluni il valore della propria vita, alpinisti o puri fruitori di un ambiente che per loro è diventato unicamente il palcoscenico delle loro gesta o un campo sportivo. E me lo chiedo sempre più spesso quando noto che il contrappeso alla propria incolumità è rappresentato, ad esempio, da una telecamera full HD.
Da una parte, sul piatto della bilancia, il valore della propria esistenza; i 2 piatti collegati dal bastone per selfie e sull’altro la telecamera.
Non credo serva aggiungere altro, anzi, il link al bollettino valanghe FVG quello si..
Repetita Iuvant.
P.S.
Un grande in bocca al lupo per l’avventura De Gasperi!
Mandi!
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Grazie Walker 😉
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