Tempo di neve, tempo di valanghe?

Gennaio 2023

Neve, Finalmente! Elemento che latita sempre più sulle nostre montagne, ma in generale, un po’ su tutto l’arco alpino. Mai come quest’anno i fiocchi si sono fatti attendere mettendo a dura prova il comparto del turismo invernale nonché la pazienza degli appassionati scialpinisti.

Spesso, purtroppo, la frenesia che ci coglie dopo una nevicata che aspettavamo da tanto, troppo tempo, fa passare in secondo piano la sicurezza di un’uscita.

Curve pennellate, silenzi bianchi polverosi, il rumore delle pelli di foca che strisciano sul manto immacolato sono sirene che attirano a sé mettendo a dura prova la volontà di attendere il graduale consolidamento del manto nevoso.

Ma è sempre vero che la neve, a distanza di parecchi giorni dal deposito al suolo, si può considerare sicura? Oppure che inverni con scarsa copertura nevosa siano esenti dal “problema slavine”?

Il tema neve e valanghe mi è sempre stato particolarmente a cuore. Negli anni ho frequentato numerosi corsi di specializzazione e turnare come tecnico di soccorso alpino nel servizio valanghe del CNSAS del Friuli Venezia Giulia è stato il coronamento di un percorso personale dove la neve e l’inverno hanno rappresentato una parte fondamentale della mia formazione, rifinita con l’abilitazione di Accompagnatore di Media Montagna. Con questo articolo vorrei farti alzare le antenne ed insinuarti dei dubbi che ti accompagnino sempre dai giorni precedenti all’uscita in fase di pianificazione, escursionistica – con racchette da neve o sci d’alpinismo che sia, all’escursione vera e propria in ambiente.

Si sono diffusi alcuni falsi miti, purtroppo, che potrebbero generare fastidiosi inconvenienti, a volte anche fatali, tra chi frequenta la montagna invernale in maniera superficiale, diciamo così. Tuttavia la celebre frase che dice “la valanga non sapeva che era un esperto” è sempre da tenere ben presente. A dirla tutta io stesso, che pratico lo scialpinismo e le escursioni invernali dai primi anni ’90, ho sempre più dubbi che mi accompagnano sugli sci e scelgo sempre più frequentemente di tornare indietro quando le condizioni non sono assolutamente sicure. Il bollettino valanghe, strumento la cui consultazione ritengo assolutamente indispensabile, rappresenta un resoconto aggiornato delle condizioni della montagna invernale. Elaborato da esperti del settore fornisce una scala di valutazione del pericolo che va da 1 a 5. E’ errato pensare che valori bassi di pericolo (soprattutto 2 e 3) equivalgano a condizioni sicure per l’escursione. Le casistiche parlano chiaro: è il grado 3 quello dove avvengono più incidenti in valanga, spesso con esito nefasto.

Estratto bollettino Valanghe FVG

Consulta sempre il bollettino (per il Friuli Venezia Giulia lo trovi a questo indirizzo https://www.protezionecivile.fvg.it/it/bollettino-valanghe ) e informati-formati per imparare a capire quello che dice!


Ma andiamo per gradi…

Come si forma la Neve? I fiocchi si creano all’interno delle nuvole che sono costituite principalmente da un insieme di minuscole gocce d’acqua sospese derivanti dalla condensazione del vapore acqueo terrestre tramite il raffreddamento dell’aria. All’interno di questo vapore acqueo sono presenti anche i Nuclei di Condensazione costituiti da polveri atmosferiche di varia origine. La quantità di vapore che l’aria può contenere varia molto con la temperatura: masse fredde potranno “portare” meno vapore, viceversa aria più calda potrà contenere maggiore umidità. Quando la quantità di vapore “trasportabile” è la massima, l’eventuale surplus condenserà trasformandosi in forma liquida.

Alla stessa maniera, con le temperature invernali, un Nucleo di Congelamento favorisce la formazione dei Germi di Ghiaccio, il primo sviluppo di un fiocco. In assenza di questo particolato le nevicate potrebbero avvenire unicamente al di sotto dei – 41° circa.

Il germe di ghiaccio, dalla forma esagonale, si accresce molto rapidamente all’interno della nube attirando a se le particelle di vapore presenti. Questo accrescimento, piuttosto repentino, porta alla formazione della neve. In questa fase la temperatura dell’atmosfera è in grado di condizionare la tipologia di struttura del fiocco:

  • Tra -6° e -10° ci sarà una crescita sulle superfici del germe;
  • Tra -10° e -12° ci sarà una crescita sui lati;
  • Tra -12° e -18° la crescita avverrà sugli angoli.
Tipi di fiocco in base alla temperatura (Fonte La Repubblica)

E’ immaginabile come tutte queste variabili incidano in maniera profonda sulla forma dei fiocchi rendendoli, praticamente, tutti differenti. Alcuni ricercatori hanno catalogato oltre 3000 forme di fiocco! Tuttavia questa moltitudine di forme si possono accomunare in 10 forme principali:

1 – Piastre

2 – Stelle

3 – Colonne

4 – Aghi

5 – Dendriti spaziali

6 – Gemelli di camicia

7 – Particelle irregolari

8 – Neve pallottolare

9 – Sferette di ghiaccio

10 – Grandine

Alcune di queste forme sono “sorvegliati speciali” perché la loro presenza nel manto è spesso sinonimo di instabilità.

La Neve Pallottolare è costituita da cristalli formatisi all’interno di masse nuvolose con forte turbolenza e che sono brinati a contatto con la componente liquida. Il cristallo assume così la forma di una sferetta feltrata e una volta a terra può costituire un piano di scorrimento pericoloso.

Neve pallottolare (fonte Meteorsobianco)

Un altro genere di cristallo di ghiaccio è la Brina di Superficie che si forma direttamente a terra (non per precipitazione) durante periodi freddi ed in assenza di vento. Il vapore acqueo presente nell’aria sublima formando foglie e aghi a contatto con la superficie più fredda (neve o altri elementi al suolo). Queste formazioni sono tipiche nelle zone molto umide (vicinanza a corsi d’acqua e laghi ma non solo) e se le condizioni meteo risultano stabili comportano la formazione di questo tipo di cristalli. Queste strutture sono estremamente fragili e, se coperte da nevicate, vanno a creare uno strato di discontinuità nel manto nevoso che può perdurare per lungo tempo.


Una volta al suolo, tutti questi cristalli, formano una serie di strati tendenzialmente coincidenti con le diverse nevicate accorse durante la stagione. E’ il manto nevoso che subirà molte trasformazioni, dette metamorfismi, fino allo scioglimento primaverile.

Con clima freddo e temperature negative la neve si mantiene asciutta, contenendo molta aria e pressoché niente acqua.

Con differenze di temperature minime tra suolo (che risulterà sempre a 0°C) e superficie esterna del manto (si definisce Gradiente questa differenza di temperatura rapportata allo spessore spessore complessivo del manto) l’assestamento avverrà con un metamorfismo di tipo distruttivo: i fiocchi perderanno gradualmente le estremità e i dendriti saldandosi tra di loro e stabilizzando così il manto.

Con Gradiente Medio il vapore che si produce nella parte inferiore del manto interessa la parte superiore tramite un processo di sublimazione che porta alla formazione di grani a facce piane o sfaccettati e grandezza superiore a 0,5mm. Questi cristalli in mano ricordano molto il sale grosso da cucina e risultano difficilmente comprimibili. Vale quanto detto per la brina di superficie: se ricoperti fungono da buono strato di slittamento del manto in caso di sollecitazione.

In presenza di un gradiente alto, quindi temperature molto basse e manto dal basso spessore, il processo sopra descritto forma sul grano dei gradini portando alla costruzione di piramidi di ghiaccio striate, cave, e dal diametro che può raggiungere parecchi millimetri. Sono i cosiddetti Cristalli a Calice, o Brina di profondità. Questi elementi non hanno alcuna coesione reciproca e comportano, se ricoperti, un ancoraggio del tutto precario che può provocare una valanga. E’ da considerare che queste strutture, se interne al manto, perdurano per parecchio tempo costituendo un pericolo per lunghi periodi.

Da queste considerazioni posso sfatare un paio di false certezze: “se fa molto freddo non c’è pericolo di valanghe” e “inverni avari di neve sono meno pericolosi”. Avete già capito che queste affermazioni non sono corrette.

Quando le giornate si fanno più calde intervengono altri fattori nello strato nevoso, è il caso del Metamorfismo della neve Umida.

Nella neve primaverile i grani aderiscono tra loro grazie all’acqua tuttavia se l’acqua è troppa si creano i fenomeni delle valanghe primaverili: la neve si comporta come un fluido denso assecondando i pendii spinta dalla forza di gravità. Con l’abbassamento di temperatura notturna il manto rigela rinnovando la sua stabilità. Non è quindi corretto affermare che “muoversi nelle prime ore della giornata scongiura il rischio di valanghe”. Come presumibile questa affermazione può valere per il manto nevoso primaverile ma non è altrettanto valida durante i mesi più freddi. Le valanghe di neve umida, inoltre, hanno la capacità, proprio come un fluido, di raggiungere distanze considerevoli lungo il loro scivolamento. E’ per questo che pendii con bassa pendenza, ma sottostanti a declivi più ripidi, possono non essere del tutto sicuri!

Il vento

L’azione eolica non può essere tralasciata essendo una delle maggiori cause di trasformazione del cristallo e di spostamento di quantità di neve che possono essere anche ingenti. Durante questi spostamenti il grano subisce una serie di trasformazioni meccaniche e termiche che ne decretano una parziale distruzione e compattamento nelle zone di accumulo. Sono queste le aree che rappresentano un alto pericolo di distacco in caso di sollecitazione, vengono definite come Lastroni da Vento, che possono essere anche soffici se originati durante una nevicata con azione eolica. I lastroni hanno posizione fortemente variabile, tipicamente si creano lungo i pendii sottovento, nei canali e nelle conche, in prossimità di netti cambi di pendenza, al di sotto di creste o in altri luoghi riparati dal vento; risultano maggiormente frequenti al di sopra del limite del bosco. Con un po’ di attenzione e allenamento i lastroni risultano mediamente individuabili ed andranno, ovviamente, evitati.

La plasticità della neve, Creta di Mimoias
Bocca di balena, Creta di Mimoias

Il neviflusso

Seppur paiano immobili i pendii innevati sono continuamente in movimento verso il basso. Questo moto viene definito Neviflusso. I vari strati del manto nevoso, scorrendo lungo un pendio, presentano velocità diverse: il primo strato a contatto con il terreno sarà rallentato dalle asperità del terreno su cui poggia mentre gli strati superiori avranno un moto più rapido. Questa differenza è visibile in maniera macroscopica soprattutto in primavera quando la plasticità del manto crea forme inusuali simili a onde tondeggianti o lumache. I pendii interessati da questi fenomeni sono potenzialmente a rischio valanga: quando le forze in gioco sono superiori a quelle dei legami del manto nevoso, soprattutto per l’aumento della temperatura, sarà il caso di evitare tali pendii. Le bocche di balena che a volte si vedono lungo i pendii mediamente ripidi delle montagne sono indizi evidenti di questi movimenti che potrebbero collassare in qualsiasi momento, meglio quindi starne alla larga!

Infine alcuni suggerimenti… Non pensare che per Forte Sovraccarico il bollettino valanghe intenda unicamente la presenza di più sciatori sul pendio: a costituire un grosso sovraccarico per un manto già prossimo al collasso può concorrere anche una sola persona dotata di ciaspole o appiedata (la superficie di contatto a terra è inferiore a quella di una persona con gli sci) e anche una caduta dello sciatore può innescare, in determinati pendii, il moto valanghivo. Mantenere la distanza di sicurezza tra le persone presenti sul pendio è il minimo che si possa fare per prevenire incidenti.

Studia, documentati, approfondisci il tema più che puoi! Partecipare ad un periodo di formazione con le sezioni del CAI o le Guide Alpine sarà tempo prezioso investito per il tuo futuro.

Avrai sentito fino alla nausea che in montagna d’inverno il KIT base per la sicurezza è costituito da ARTVA, Pala e Sonda. Non mi dilungherò su questi presidi, prendi confidenza con il loro uso. Saperli utilizzare in situazioni di stress nel minor tempo possibile è sinonimo di sicurezza. Per conoscere meglio il tuo ARTVA, l’apparecchio ovviamente deve essere personale, mi è stato molto utile simulare delle ricerche in un contesto che non abbia punti di riferimento come, ad esempio, al buio.

Mettiti alla prova, fallo seriamente.. In Alto Friuli abbiamo la fortuna di avere un campo predisposto per esercitarsi nella ricerca di travolti da valanga con l’ARTVA: a Sella Nevea, nei pressi della partenza del vecchio impianto di risalita, il campo è a disposizione di tutti. Basterà chiedere informazioni agli addetti della Promoturismo alle casse. Il campo ha diversi percorsi e diverse difficoltà: mettiti alla prova ed investi nella tua sicurezza e in quella dei tuoi compagni.

Buone uscite, #staysafe

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