Randonnée e Natura: La Magia della Croda del Becco

“Ogni montagna ha il suo segreto, e per scoprirlo non basta guardarla: bisogna salirla, viverla, ascoltarla nel silenzio.”

Mario Rigoni Stern

L’alba a Ra Stua è un respiro lento, un chiarore che s’insinua tra i tronchi dei larici e la bruma sospesa nei prati.
Le prime luci accarezzano il tetto del rifugio, dove qualcuno, forse, si è già alzato per accendere il fuoco. C’è odore di legna, di erba bagnata. Sono i primi freddi della stagione, i nostri sensi sono più attenti ai ricordi dello scorso inverno.
Il giorno si annuncia piano, con la calma di chi non deve dimostrare nulla. Oggi la strada sarà lunga e il nostro viaggio guidato da quella meridiana di roccia che ancora non si vede ma che so benissimo essere possente presenza, al di là di queste quinte di roccia multicolore.

Un pensiero lontano: una muraglia che attende oltre la linea del bosco, invisibile ma presente come una promessa. La montagna sa aspettare. Tu devi solo metterti in cammino.

La mulattiera sale subito con gentilezza, appena oltre il pianoro del Cianpo de Crosc, abbandonato il corso del torrente Boite che corre verso la conca di Ra Stua.
Il rumore dell’acqua accompagna i primi passi, un ritmo antico che scandisce il risveglio dei sensi: la terra umida sotto le suole, il fruscio dei rami, il battito del cuore che si accorda al respiro.
Non c’è ancora nessuno sul cammino oltre noi. E’ una giornata di vento teso da nord, su qualche fiocco bianco ha portato un inverno precoce sulle creste. E questa solitudine, qui, ci sembra un privilegio: camminare in silenzio, con la montagna che ti guarda e non pretende risposte in uno dei posti più frequentati dell’intero arco alpino. ma basta saper scegliere bene, per tornare all’essenza. Per tornare a quello che dovrebbe sempre essere.

Dopo un tratto nel bosco, la luce si apre di colpo.
È come varcare una soglia: dietro le spalle resta la valle stretta, davanti si distende l’altopiano di Sennes, immenso e calmo come un mare di pietra.
L’aria qui è diversa — più chiara, più sottile. I suoni si disperdono, la voce della natura si fa sussurro.

Poco oltre il lago effimero di Rufo, la mulattiera si snoda tra cirmoli e larici, e poi si apre come una carezza sul piccolo altopiano di Fodara Vedla.
Un pugno di case in legno e pietra, silenziose e antiche, adagiate come conchiglie ai margini del prato.
Le travi scurite dal tempo raccontano in silenzio l’inverno e le stagioni passate, quando solo il suono del vento rompeva la solitudine.
Intorno, un bosco di cirmoli — il pino cembro, re discreto delle altitudini — diffonde il suo profumo resinoso, caldo e balsamico. Alcuni alberi sono ornati di licheni, in uno strano effetto natalizio.
L’aria qui ha un sapore diverso, quasi domestico: sembra di entrare in una memoria alpina ancora viva, dove il legno parla e le finestre osservano il mondo con pazienza.
Attraversare Fodara Vedla è come attraversare un tempo sospeso, dove la montagna si fa casa, e il cammino diventa viaggio.

Il Rifugio Sennes appare come un miraggio gentile: una casa ferma al centro del mondo, dove la dolomia si tinge d’oro e le vette lontane sembrano vibrare nella luce.
Ci si ferma per un caffè, o solo per guardare.
Ogni volta che ci si ferma in montagna, non è mai per stanchezza: è per ascoltare meglio.

Poi il cammino riprende. Il sentiero numero 6A s’innalza verso il Rifugio Biella, ai piedi della montagna vera.
La Croda del Becco ora è davanti a te, intera: una vela grigia che si leva da un mare di prati, verticale e maestosa, come un pensiero che non si lascia tradurre.
La si osserva e si capisce che non sarà una salita qualsiasi. C’è in lei qualcosa di definitivo: una bellezza scarna, assoluta, che impone rispetto.

Il rifugio Biella, piccolo e raccolto, segna l’ultimo avamposto umano.
Da qui comincia la parte più aspra. Il sentiero si arrampica tra detriti e lastre inclinate, la vegetazione scompare, e resta solo la pietra.
Ogni passo toglie qualcosa: il fiato, la fatica, il rumore del mondo.
In cambio, la montagna restituisce essenza.

Superata la Forcella Sora Forno, l’ambiente si fa lunare.
La roccia cambia colore a seconda della luce: ora è perlacea, ora d’un grigio ferroso, ora si incendia di rosa quando il sole picchia sul margine della cresta. A destra il vuoto degrada nel vallone che porta a Braies. Lì abitano gli stambecchi. Sulle ghiaie ripide stanno stesi al sole, con l’espressione sorniona di chi sia padrone incontrastato di quelle dorsali. Noi ansimiamo, a volte incespichiamo su di una verticalità che è nostra solo per poco.
I tratti più ripidi sono assicurati da qualche catena, ma il vero equilibrio non è quello dei piedi — è quello del pensiero.
Saper guardare senza paura, saper fidarsi del passo, accettare la lentezza come unica via d’ascesa.

Poi, all’improvviso, la cima arriva dopo una lunga traversata.
Una grande croce senza clamore. Vento e spazi lontanissimi.
Il mondo sotto si piega in un abisso di silenzio.
Dalla parete nord, la Croda precipita verso il lago di Braies, che scintilla laggiù come un occhio azzurro incastonato nella roccia.
Attorno, un’ampiezza che toglie il fiato: le Tofane, la Croda Rossa, la Marmolada, e più in là il profilo dei colossi austriaci, come segni d’inchiostro su carta chiara.

Ci si siede, si toglie lo zaino, si respira.
Il vento porta l’odore del calcare e del cielo.
Non serve dire nulla.
Chi arriva qui non conquista una cima — si lascia attraversare da essa.
La montagna non si possiede: si vive, si ascolta, si attraversa come una voce che parla da lontano, con la lingua della pietra e del tempo.

E quando scendi, non sei più lo stesso.
Perché una parte di te è rimasta lì, tra i ghiaioni e il vento, e la Croda del Becco continuerà a chiamarti, ogni volta che guarderai a nord, verso quella vela bianca che galleggia tra le Dolomiti come un sogno di luce.

INFO UTILI: La Croda del Becco (o Seekofel in tedesco) è una delle cime principali del parco naturale di Fanes-Sennes-Braies e si innalza con i suoi 2810m al limitare dell’altopiano di Sennes. La sua siluette colpisce gli amanti della montagna per l’estetica monumentalità.

Per salire alla cima, provenendo da Cortina d’Ampezzo, il punto di approdo con l’automobile è il parcheggio di Ra Stua a 1668m di quota al quale si accede dalla S.S. Alemagna abbandonando il percorso principale al tornante di S. Uberto (sulla strada che porta a Cimabanche (attenzione: nei mesi estivi la strada per Ra Stua è vietata al transito e sono in servizio dei bus navetta a pagamento con partenza da Fiames).

Da Ra Stua si procede in direzione nord-ovest lungo la larga pista sterrata fino al Cianpo de Crosc (sentiero 6). Da qui la maniera più diretta è seguitare lungo la Val Salata mantenendosi sul sentiero 6 fino al bivio nei pressi del rifugio Sennes. Al Sennes si può arrivare, in maniera più lunga e come descritto nel post, attraverso la conca di Fodara Vedla, seguendo la direttiva del percorso indicato con segnavia 9 (attraverso il lago di Rudo). Da Fodara Vedla il sentiero 7 porterà in breve al rifugio Sennes. L’ultimo tratto porta con una lunga diagonale su pista sterrata al rifugio Biella, a quota 2327m.

Dal Biella un sentiero sale alla vicina forcella Sora Forno da cui, sulla sinistra, parte la traccia per la Croda del Becco. Si tratta di un percorso a tratti scavato parzialmente nel versante, con alcuni passaggi aerei e non adatti a chi si approccia per la prima volta alle uscite in montagna. Il tratto più ripido si affronta con serpentine ravvicinate raggiungendo una serie di catene che aiutano la progressione in un ulteriore tratto mediamente ripido. Oltrepassato questo punto le pendenze calano e la traccia risale il largo versante meridionale della cima, prima di attraversare verso sinistra, raggiungendo la croce di vetta già visibile.

Dato l’affollamento estivo è consigliabile in quel periodo munirsi di caschetto.

Per il rientro a Ra Stua è molto consigliato il percorso che passa nei pressi del lago di Ra Fosses, conca silente estremamente scenografica.

Tempi: da Ra Stua al rifugio Biella per la Val Salata 2.45 ore, dal rif. Biella alla Croda del Becco 1.20 ore. Dalla cima al parcheggio via Ra Fosses 3.00 ore.

Dislivello: dal parcheggio alla cima 1150m

Difficoltà: E nella prima parte e sul versante finale, E.E. dalla forcella all’uscita dal tratto attrezzato

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