L’aereo del Piciat

29.11.2015

Ci sono giornate che definisco stantie. Ferme.

Periodi di stanchezza, indotta forse dalla stagione autunnale, stagione per me sicuramente meno affascinante delle altre.

Oggi sto risalendo i boschi del versante settentrionale di una delle cime della lunga dorsale che dal Lago di Cavazzo si eleva a concatenamento  spingendosi fin’oltre Sella Chianzutan. Una linea di creste lunga all’incirca 11 km, frontale alla conca Tolmezzina e alla bassa Carnia, dalla frequentazione pressochè inesistente.

Nomi come Piciat, Bottai, Piombada e Faeit non sono “di richiamo” se confrontati con quelli delle sorelle cime carniche che si elevano giusto oltre il Tagliamento, “di là da l’aghe” come si dice qua da noi in dialetto.

Eppure una nicchia di curiosità, una volontà caparbia di conoscere anche queste alture che segnano il confine della mia terra mi portano a risalire queste faggete lasciate in pace oramai da decenni.

Un tempo doveva essere ben altra la quantità di vita circolante in questo borgo, su queste mulattiere.

Lo vedi all’abitato di Pussea dove poco fa abbiamo parcheggiato l’automobile.

Solo la fontana con il suo gorgoglio d’acqua gelida porta un suono in questa conca, attorno tutto è immmobile. Posti in cui il tempo s’è fermato, complice lo spopolamento o l’inversione termica non saprei. L’acqua della fontana guizza per nessuno mentre 2 lampioni dell’illuminazione pubblica rischiarano le prime luci dell’alba in un borgo che ha dello spettrale. Nel fazzoletto di terra di queste 4 case, accanto a un paio di abitazioni recuperate – probabilmente da qualche villeggiante straniero – resistono i ruderi di alcuni edifici. La vita è tornata perchè sui tetti stanno nascendo gli abeti. Piccole radici come trapani stanno scavando lo scheletro di queste case, fra poco tornerà quello che un tempo fu. Prima dell’uomo.

Attorno solo brina, ghiaccio bianco a fermare il tempo.

La mulattiera sale larga facendosi strada in un bosco dagli alti faggi, indisturbati signori dei versanti. Oggi sono in affanno, i malanni di stagione si fanno sentire ma di stare a casa proprio non ne avevo voglia.

Sarà una salita muta, pochi discorsi a interrompere la quiete di questa selva. Nell’ombra del versante solo le serpentine del sentiero rompono l’uniformità di quanto ci sta attorno. La sede del sentiero resta impressa sotto al manto di foglie morte che la stanno lentamente ricoprendo, anno dopo anno, stagione dopo stagione. A giudicare dai muretti a secco e dalla larghezza della mulattiera, nei tempi andati il transito doveva essere consistente. Casera Avrint doveva essere utilizzata per l’alpeggio, tempi in cui alla montagna si chiedeva nutrimento e sostentamento. Ora, guardando in basso verso la piccola conca di Pussea, si capisce che nessuno ha più voglia di crederci e assieme al sentiero ci si dimentica anche di quello che un tempo fu. Di chi ha ammassato le pietre bianche per realizzare le massicciate del sentiero su questi ripidi boschi, di chi ha tagliato con mazza e badile una fetta transitabile a questa montagna.

Pare che gli alberi si siano parlati i giorni prima del nostro arrivo. A terra hanno scaricato le palle di neve ghiacciata che ricopriva le loro fronde creando poi un tappeto variegato di bianco coperto dalle ultime foglie dell’autunno. Dura 200m di dislivello questo strano fenomeno delle “sfere bianche rotolanti”, hanno disegnato migliaia di linee a terra. Sembra di camminare in un quadro espressionista.

Arriviamo a quota 1200, si scorge il tetto del bivacco Carcadè. Si vede già da lontano ora che la vegetazione è spoglia, un bivacco ricavato all’interno di una costruzione di lamiera, simile a quella dei depositi dell’ANAS. Sono proprio curioso di vedere com’è all’interno, avendone sentito parlare parecchio. Una pausa e l’esplorazione di questo luogo di riposo. Il bivacco non ha nulla a che vedere con i soliti rifugi di lamiera rossi a cui siamo abituati, all’interno ci sono arredamenti e suppellettili da chalet di montagna. La pulizia è esemplare e tutto il necessario c’è.. E’ talmente pulito il pavimento che mi vergogni quasi a sostare all’interno con i miei scarponi sporchi di terra.. Una bella sorpresa senza dubbio e i complimenti doverosi a chi mantiene in tali condizioni un fabbricato che meriterebbe maggiore frequentazione.

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Il Carcadè si trova alla forcella di Forcje, porta d’accesso ai pendii meridionali che scendono fino alla valle del Palaar. sono posti questi di massima solitudine.

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Cerchiamo i segni della via per il Piciat, nostra meta odierna. Ad un primo tratto dall’individuabilità piuttosto dubbia, seguono tracce più marcate in corrispondenza della displuviale che va verso la nostra montagna. Le tracce seguono più o meno fedelmente lo spartiacque, evitando i tratti più insidiosi. L’esposizione di alcuni punti e la neve ghiacciata a terra ci inducono a mettere i ramponi, guai a scivolare.

Numerosi saliscendi, districandosi fra piante di larice e faggio che paiono dei bonsai. Quassù gli elementi non rendono la vita facile alle piante che hanno deciso di vegetare sul confine dell’ombroso versante settentrionale. Le ridotte dimensioni e contorte forme lo testimoniano.

L’ultima lunga e panoramica dorsale ci porta alla cima del Piciat, a quota 1615m. La cima è piatta e gode di una panoramicità invidiabile. Una trentina di centimetri di neve a terra impediscono la sosta contemplativa, anche perchè il vento teso che tira da Nord porta via ad ogni nostro passo granelli luccicanti che oltre la cresta si fondono nel bagliore che l’alto Adriatico produce sul fondo della pianura friulana.

Ma oggi, oltre alla cima del Piciat, voglio mettere il naso anche su quello che resta di una tragedia avvenuta nel 1993. Su questa dorsale infatti si schiantò un piccolo aereo, pare un Piper tedesco, durante un volo che avrebbe dovuto portare i 2 occupanti all’aereoporto di Innsbruck partendo da quello di Ronchi. Complice i giorni di fitta nebbia pare che il pilota abbia sbagliato completamente la rotta di volo andandosi a schiantare poco sotto la displuviale di cresta del Piciat. Bastavano 20 metri di quota in più e sarebbero passati illesi.

Rinvengo i resti dell’aereomobile poco oltre la cima, in mezzo ai pini mughi del versante Nord. Un ammasso di lamiere verdi ed arancioni. Non si capisce molto, anche perchè non sono ferrato in materia, ma certo è strano trovarsi sui resti di un aereo. I racconti di un mio amico, intervenuto ai tempi per prestare soccorso, dicono che l’aereo inizialmente schiantatosi sul versante Sud rimase sulla displuviale con la coda al vento per qualche anno finchè le raffiche di cresta non lo fecero spostare sul versante settentionale.

Attimi del soccorso nel 93 - Foto A. Cella
Attimi del soccorso nel 93 – Foto A. Cella

 

Foto A. Cella
Foto A. Cella

 

Foto A. Cella
Foto A. Cella
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Resti nel 2015

 

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La perdita di carburante e l’esplosione successiva causarono un incendio che annerì per anni una parte delle pendici meridionali di questa montagna.

Il mio oggi non vuole essere un “turismo macabro”, torno sui miei passi dopo aver trovato fra le lamiere una scarpa femminile con tacco. Una preghiera per le vittime di questo incidente e la considerazione che sulle Carniche non morirono solo ai tempi della grande guerra.

La montagna s’è curata le ferite, fra qualche anno non resterà nulla di quanto successo.

Rientriamo sulle tracce dell’ascesa. I tempi stretti imposti dalla vita di famiglia mi faranno scendere dal Carcadè a Pussea in 19 minuti.  Una bella tirata. Per chi salirà prossimamente: cercate le mie rotule in mezzo alle foglie..

A Pussea nessun camino fuma, anche questa è la Carnia che si sta spegnendo.

Omarut e Max

INFO UTILI: L’ascesa al Monte Piciat parte dalla disabitata frazione di Pussea di Verzegnis, raggiungibile seguendo le indicazioni sulla strada che da Verzegnis porta a Sella Chianzutan. Posteggiata l’auto nella piazza del paese (504m di quota) le indicazioni della Forcje-Carcadè sono già presenti e subito dopo una piccola perdita di quota per l’attraversamento del Rio Faeit (qui quasi sempre in secca) seguendo il sentiero CAI 827 si rimontano i versanti settentrionali del M. Bottai. Superata la deviazione per casera Avrint si mantiene la sinistra giungendo al bivacco Carcadè a quota 1265. Valicata la sella di Forcje, mantenendosi in quota sulla sinistra, per prati si raggiungono delle boscaglie di faggio dove si rinviene la traccia del percorso che corre sulle creste fino alla cima del monte Piciat a quota 1615m. Il percorso è segnalato con bolli rossi non sempre individuabili.

Difficoltà: fino al bivacco Carcadè E (escursionistica), successivamente alla cima E.E (escursionisti esperti).

Dislivello positivo: 1150m

Tempistiche: Pussea-Carcadè  1.45h; Carcadè-Piciat 1.45h. Rientro 2.30h

AGGIORNAMENTO NOVEMBRE 2016: Dopo 23 dal disastro aereo la prefettura di Udine ha disposto la rimozione dei resti del Piper. Le operazioni sono state portate a termine dagli uomini del CNSAS e della protezione civile, la montagna è tornata al suo stato originale.

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2 pensieri su “L’aereo del Piciat

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