Recensioni d’autore..

Arrivano le prime recensioni del mio libro. La più gradita, perchè fatta con il cuore, la riporto nel seguito.. Firmata da Francesco Volpe.

Buona lettura!

Volaia
Risveglio sul lago di Volaia dopo la presentazione di In Carnia per Terre Alte al rifugio Lambertenghi Romanin

Capita di rado di imbattersi in qualcosa di simile. 

Di solito, soprattutto negli ultimi tempi, dove la specializzazione e la qualificazione portata all’estremo la fanno da padroni, un autore scrive un romanzo, un saggio o una guida turistica. E ci sono molte edizioni di montagna che parlano di questa zona delle nostre Alpi, in maniera asettica, precisa ed estremamente tecnica.

In questo caso, invece, ci troviamo davanti a un’opera che riunisce tutti e tre le cose in una.

Non è solo una guida, non è sicuramente un romanzo o un saggio. È una guida romanzata. Bella definizione vero? Una felice unione di quanto detto sopra, un ménage à trois letterario che lascia piacevolmente sorpreso il lettore, appassionato di montagna o no. Non mancano le cartine e le descrizioni “tecniche”, ma la parte principale di ogni escursione, il racconto, sembra il testo a commento di un documentario; se si ascolta la lettura ad occhi chiusi,  le immagini descritte scorrono come in un film e ci si trova catapultati nella narrazione, protagonisti di quello che sta accadendo, seduti con lui mentre il sole che tramonta, allunga l’ombra della Madonnina a guardia della valle di Tolmezzo.  La famosa realtà virtuale carnica, appunto.

Per riuscire in una cosa del genere, però, ci vogliono alcuni ingredienti fondamentali: un autore dotato, una passione innata e profonda e, soprattutto, un argomento appassionante.

Ma andiamo per ordine.

Omarut, al secolo Omar Gubeila, carnico (parcè ancje in Cjarnie an d’è cjantôrs e poètes – cit. A. Screm), alpino, montanaro, cresciuto all’ombra dell’Amariana e del Sernio (nemmeno lui ha ancora deciso quale delle due Montagne, volutamente in maiuscolo, sia la più importante). Uomo con valori antichi, atavici come la sua terra (da corde di canapa, cunei di legno e piccozza con puntale d’acciaio per intenderci), uomo come ce ne sono pochi oggigiorno. Omarut, si diceva, decide di mettere su carta quello che aveva iniziato, un po’ di tempo fa come blog dedicato alle “sue” montagne. Dietro “spintaneo” consiglio di alcuni amici (ciao Pelle), si imbarca in questa avventura che, ormai è cosa nota, lo porta tra quelli che hanno, meritatamente, un nome sulla copertina di un libro. 

Montagna.

Mont come la chiamano “di ca da l’aghe”: come si fa a trasmettere quello che si prova per la montagna? Attenzione, ho scritto trasmettere, e non scrivere: a scrivere sono capaci tutti, invece far condividere i sentimenti attraverso le parole a un ipotetico lettore magari a digiuno sull’argomento, beh, quella è un’altra cosa.

La bravura dell’autore sta infatti nel riuscire a coinvolgere chi legge in  quello che ha provato e che prova ogni volta che “va a casa”, come dice lui.

Che sensazioni si hanno mentre si affronta una parete, forti solo della propria tecnica, delle mani con un po’ di magnesite, attaccato a una corda e concentrato al massimo per cercare di entrare in simbiosi con quella pietra fredda, ma che fredda poi non è? Che legame si crea tra chi sale e chi fa sicura? Quanto un’esperienza come questa concorre a rinsaldare un’amicizia, che magari va avanti dai tempi della scuola elementare?

E i sentimenti che si provano quando, andando a camminare (il termine “trekking” è stato volutamente evitato dal”autore – ecco il carnico che viene fuori) nei boschi, vedi tua moglie e tuo figlio gioire delle tue stesse passioni e avvicinarsi alla montagna nella stessa viscerale maniera?

Cosa si prova a risalire, con le pelli di foca sotto gli sci, un immacolato pendio bianco, pregustando il momento in cui, tolte le pelli, ci si abbandona a una discesa mozzafiato su una distesa soffice e candida che fa quasi male agli occhi guardarla.

Questo è quello che Omarut riesce a dare attraverso questo libro. Si parla di un uomo che ha esteso il suo impegno oltre la sfera del piacere personale, impegnandosi attivamente con il Soccorso Alpino e Speleologico e con il Soccorso Piste. Ogni riga, infatti, trasuda rispetto (la grande esperienza dell’autore qui si sente moltissimo) e sembra raccontata direttamente dalla montagna, che diventa non oggetto e comparsa, ma attore protagonista e, a volte, narratore, elemento di coesione tra popoli che, nemmeno cent’anni fa, si sparavano addosso come nel caso di “cent’anni dopo su Spina di Pesce”.

Non c’è infatti solo la descrizione tecnica della risalita o dell’arrampicata, ma si trovano anche il sentimento e le emozioni che il gesto atletico, mai fine a sé stesso, comunica. E tutto quello che c’è dietro non è altro che l’eredità lasciata da chi, negli anni precedenti, ha sentito il richiamo delle cime, e seguendolo, ha aperto la strada al moderno alpinismo. 

Se il materiale è cambiato, il gesto è rimasto uguale. Lo spirito è rimasto uguale. Questo fa capire Omarut attraverso le sue parole: l’approccio con estremo rispetto a questo ambiente meraviglioso, ma che può diventare ostile in pochissimo tempo. Tutto richiede infatti un’attenta pianificazione, uno spirito di adattamento e un’elasticità mentale tale da consentire la gestione dell’estrema variabilità, che l’ambiente montano può riservare ai suoi estimatori. Anche perché negli ultimi tempi,  abbiamo assistito al moltiplicarsi degli appassionati di montagna, grazie alla possibilità di accedere facilmente all’acquisto dei materiali, che una volta risultavano proibitivi sia come prezzi che come reperibilità. Purtroppo, però, insieme ai materiali non vendono una guida all’etichetta e ai comportamenti da tenere durante le escursioni in ambiente. Leggendo Omarut si capisce invece, quale sia il corretto approccio al sistema “mont”.

Quindi, alla fine, montagna come metafora della vita, una sfida ad andare avanti, seguendo le regole e i principi fondamentali, imparati da chi è venuto prima, e insegnandoli alle generazioni future. Un passo dopo l’altro, con calma e costanza. Storpiando, non me ne vogliano i puristi, uno dei versi più belli di Novella Cantarutti, poetessa friulana di Navarons, un paese della bassa val Tramontina: “al è il vivi, un “pas” daûr chel atri”, un passo dopo l’altro, proprio come in montagna.

Jof fuart
Tramonto sulla Nord dello Jof Fuart, un attimo prima della presentazione del libro al Rif. Pellarini

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