Pilastro di Babele, vagabondi verticali

06.08.2016

Capita, con taluni, di essere talmente in sintonia che il vagabondaggio verticale non fa paura. Non è certo cosa diffusa negli usi di chi va per l’Alpe partire per una parete e una via ben precisa, con le difficoltà e i passaggi impressi nella mente a forza di fantasticarli e ritrovarsi altrove. Altra montagna. Altra via, forse.

Oggi va così. Perchè, in fondo, il bello di essere una Cordata con la C è anche quello di pensare alla stessa maniera davanti ai disordini che la montagna impone.

Ti trovi a vagare in un circolo vizioso di inghiottitoi, doline e placche incise dall’erosione del tempo, perdendo la retta via e quei pochi riferimenti che avevi. Vaghi sotto a strutture verticali dove le firme di alpinisti prestigiosi sono ancora impresse indelebili, 40 anni dopo, seppur un pò stinte da quelle piastrine che luccicano infisse sugli stessi percorsi.

Mi svendo spesso alle mie paure, quelle vocine che dicono “Omarut, lì è troppo difficile per te, non vedi che verticale che è la parete? Non passerai, lascia perdere!” ma non mi cruccio troppo visto che, sapendo accontentarmi del semplice stare in questi posti,  anche il portare a spasso il materiale alpinistico inutilmente mi riempie – comunque – di gioia.

Oggi la Creta di Pricotic non offre i punti deboli che cercavamo ma non ci arrendiamo. Oltre si apre l’anfiteatro che scende il versante occidentale del Cavallo di Pontebba ed è lì che Manuel  mi farà approdare, cercando la direttiva di una via percorsa anni prima. Per me qua è tutto nuovo e l’idea di metter mano a questo calcare grigio, levigato e solitario mi seduce.

Saliremo quindi la via dal nome sconosciuto, altre più facili dovrebbero percorrere la parete nelle vicinanze per cui non ci saranno problemi di scelta, nell’eventualità.

Tracciato
Durante l’avvicinamento, una parte della via

Le scaramanzie dell’amico impongono a lui di partire, si ma dove? Notiamo 2 spit a 5/6 metri da terra e nulla più. Agli imbraghi appendiamo 3 frends e qualche nut, chiodi e martello li abbiamo lasciati riposare in cantina.

Manuel sale lesto, oltre gli spit nessuna protezione fissa, come sempre la tranquillità dell’amico si nota dalle arie di musica lirica che, uscendogli dalla bocca, si espandono tutt’attorno. Le mezze corde mi sfilano tra le mani fin quasi al limite della loro lunghezza. Un “quando vuoi” segna l’inizio dell’avventura verticale.

Salgo, i primi passaggi concedono confidenza e la roccia è quella che preferisco. Strano modo di attrezzare questa via, con 2 spit e nulla più.. L’amico ha messo un cordino in una clessidra ma poi, effettivamente, risulta difficile proteggersi ed è arrivato direttamente ad una sosta improvvisata, a 55m dalla partenza. Lo raggiungo dopo aver superato un paio di passaggi di IV°+, le folate di vento freddo che sferzano la parete rendono difficile la comunicazione. (1L-55m-4°+).

Poco oltre la liscia placca, una degli elementi che Manuel ricorda dalla precedente salita. Toccherà a me, dopo aver spostato l’amico su di una sosta più comoda, risalire sulle punte dei piedi e delle mani queste scanalature aperte con cui ho sempre avuto un rapporto di amore ed odio. Che poi sono fantastiche, l’aderenza è fenomenale e sarà l’ingrediente giusto per passare indenne il passaggio chiave della via. Certo la spittatura allegra non aiuta, vedere la prossima protezione sul sesto distare attorno agli 8 metri può mettere in crisi.. Ma a scacciare le solite vocine stavolta c’ha pensato Manuel con un tifo da stadio.

Raggiunta la sosta recupero l’amico nonostante il vento, con spinte poderose, mi scaraventi letteralmente da una parte all’altra. Stiamo guadagnando verticalità ma per ora l’esposizione non si fa sentire. (2/3L-50m-6°-).

Il tiro che Manuel risale pare spettacolare, con un tratto di lisce placche dove un cambio di piedi fatto in maniera repentina dall’amico pare più danza che movimento necessario alla progressione. Di li a poco sarà nuovamente il mio turno e anche per me il “passo di ballo” sarà necessario per salire questo tratto di V°. (4L-25m-5°).

Dalla sosta l’uscita pare ora verticale, se non leggermente strapiombante, direttamente verso il cielo blu. Sul V°+ raggiungo i 2 spit presenti ma la prosecuzione sarebbe oltremodo problematica. Verso destra un camino appoggiato pare l’unica via di fuga alla situazione e, seppur a corto di materiale alpinistico, mi avvio verso destra dopo aver smosso con il piede oltre che un blocco dall’apparente stabilità anche un pò del mio sangue freddo. La lunghezza non sarà molto piacevole per la qualità della roccia, improvviso delle protezioni veloci fino alla visione della sosta, oltre il bordo di un canale – sono sulla retta via.

La sosta non è proprio “a prova di bomba”, come si suol dire, ma mi accontenterò dello spit presente. (5L-40m-5° e 5°+).

La via continua nonostante le previsioni dell’amico, con un altro bel tiro di placche levigate dalle scarse protezioni, difficoltà sempre attorno al  IV°+, difficoltà che concedono il lusso di guardarsi un pò attorno e gustare della solitudine di questi luoghi. Anche alcuni camosci, in fondo alla linea più vicina dell’orizzonte, paiono non curarsi di noi. (6L-40m-4°+).

“Ma non doveva essere finita?” Altra lunghezza, stranamente attrezzata in maniera quasi fastidiosa (spit ravvicinati come in falesia) e raggiungo fra le folate di vento la cima del Pilastro di Babele.  (7L-50m-2/3°).

Non posso che complimentarmi con Manuel per la salita che oggi mettiamo nel cassetto dei ricordi, vagabondare per le pareti della Alpi Carniche alla fine non è poi così male se fatto con le persone giuste!

Omarut e Manuel

INFORMAZIONI UTILI:

Il torrione di Babele è un avancorpo che si stacca sul versante Occidentale del Monte Cavallo di Pontebba poco oltre la slanciata parete meridionale della Creta di Pricotic. Per raggiungerne la base conviene accedere alla conca attraverso il sentiero CAI 432 che transita superiormente al Bivacco Lomasti nei pressi della Sella di Aip. Il percorso più breve è quello che parte dalla Rudnig Alm risalendo in auto dal paesino di Tropolach in Carinzia (1.15h circa).

La via “30 anni dopo” è stata aperta nel 2011 dai Triestini Cannarella e indrigo.

Attacco sottostante a 2 spit visibili a 5/6m dal suolo.

Lo sviluppo complessivo della via è pari a 250m per 7 lunghezze di corda. L’attrezzatura è parziale ed è quindi necessario avere al seguito alcuni friends medio-piccoli e blocchetti per integrare le scarse protezioni presenti; portare mezze corde da 60m. Il tiro chiave, la placca di VI-° non risulta integrabile nelle protezioni ed è chiodata piuttosto distante. Possibile la discesa in corda doppia fino al terzo tiro, oltre è necessario uscire in vetta.

La discesa si effettua seguendo dapprima la cresta del torrione per discendere poi, con attenzione, alle ghiaie basali di sinistra con un breve passaggio di 2°.

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