28.09.2016
Se ti appoggi per un attimo al grosso tronco di un vecchio larice la montagna ti parla. Pure una pietra ha il suo linguaggio. Tenerne una tra le mani, mentre sei all’interno di uno degli anfiteatri naturali più belli del Friuli, trasmette vibrazioni. Magari non in maniera così diretta e decisa come un essere vivente ma se uno avesse il tempo di fermarsi ad ascoltare, ad abbracciare, a stendersi, anziché calpestare e basta, avrebbe un fracasso alle orecchie quasi insopportabile. Le voci dei monti, i ronzii di questi versanti che paiono congelati solamente se continui a camminare senza fermarti un attimo. Senza dare la possibilità al tuo respiro di non affannarsi più ed equalizzarsi con quanto ti circonda in quel preciso istante.
Oggi ci siamo ritrovati soli a quota 1600, nel circolo racchiuso a Sud dalle pareti della cima Dieci e del Monte Siera. Pensieri d’un futuro di montagna, qui, sono svaniti nei cieli tersi delle cime Cadorine, schiacciati da una trave di legno storta, da una terrazza lisa e dalla tristezza infusa dal rifugio M. Siera, che di fatto scopriamo che rifugio non lo è di certo. Pazienza, sarà da altre parti il mio futuro.
Quota 1600 si diceva, aria di montagna, da assaporare il più possibile: occasioni così non vanno sprecate. Ritrovarsi orfani di un passaggio in fuoristrada per noi significa una cosa sola: vagabondaggio di scoperta.
Il vallone della Creta Forata so essere qua dietro, celato dalle alte pareti della Cima Dieci. Dicono che sia un posto fuori dal tempo, magnifico nella sua immobilità. Dirigiamo verso quel Mondo nella quiete di un pomeriggio autunnale. Il sole riscalda ancora la pelle ma l’ombra delle pareti che ti avvolge verso il passaggio del Prà Sartor annuncia la stagione fredda oramai imminente.
Il passaggio roccioso successivo è ben attrezzato e non necessita di attrezzature di sorta, se non – ovviamente – di giudizio. Ma quella è un’attrezzatura che non si compra in negozio.
Fra placche liscissime e bianche, sogno per l’arrampicatore che è in me, guadagniamo il balcone assolato che dà sulla valletta della Creta Forata. Pare un angolo di Dolomiti, anche i larici, quei pochi che ci sono, sembrano volersi camuffare da cirmoli. Ma perché tutto deve rifarsi alle vicine Dolomiti? Questa è una questione che mi sta a cuore. Eppure questo posto è talmente bello che non ha bisogno certo di paragoni per affascinare ed incantare chi ci finisce dentro.
Senza una meta precisa ci manteniamo sul fondo del vallone tagliando in quota questi prati ingialliti. Il silenzio è assordante. Neppure una pietra mossa da qualche abitante animale di questi posti rompe la cappa di quiete in cui siamo immersi.
Senza parole decidiamo di mirare alla forcella Rinsen, raggiungibile salendo ripidi prati verso destra. Pochi i segni di passaggio, bolli quasi assenti, solo qualche traccia di una vecchia mulattiera che, a volte, ricompare tra i pendii tagliando di netto il versante. Ipotizzo fosse stata realizzata in tempo di guerra come osservatorio della prima linea; da qui infatti il fronte tra i Monti Peralba e Navagiust si vede piuttosto bene.
Alla cresta che fa da forcella ci riaffacciamo verso Nord e verso quei pendii che tanti apprezzano per la bella sciata che offrono. Rinsen infatti è una meta oramai esclusivamente invernale, ce ne rendiamo conto solo successivamente dopo aver perso qualsivoglia traccia di vecchio sentiero nei ripidissimi ghiaioni sottostanti. La montagna ha messo la corazza, non ci vuole. Fa di tutto per farci scivolare giù verso il rifugio Siera. Dal basso 3 camosci se la ridono a vederci così imbranati, muovono pietre e ghiaie che calando a valle fanno un fracasso che sembra in atto un terremoto.. E noi li, semisdraiati a tentare una discesa dignitosa su sassi che appena li sfiori se ne vanno. Durerà una buona mezz’ora questa situazione, il tempo di farci capire per bene come mai un sentiero su quei versanti non esiste più.

Poi la pista del M. Siera e il rientro a Cima Sappada nei rumori del fondovalle. Ma se prima, su, era in atto il concerto della natura, quaggiù c’è l’esibizione del solito chiasso.
E poi c’è gente che vede la montagna come un mortuorio…
Omarut e Max

INFO UTILI: Il vallone della Creta Forata merita una visita, così come la salita all’omonima montagna (passaggi di I° grado).
Per raggiungere Forcella Rinsen (quota 2160m) è consigliabile parcheggiare nei pressi della partenza della seggiovia del M. Siera a quota 1290m e risalire lungo la pista di discesa fino al suo termine nei pressi dell’arrivo dello skilift. Verso sinistra si segue il sentiero CAI che passando al di sotto delle pareti della Cima Dieci porta agli scorci di Pra Sartor e al vallone della Creta Forata superando un breve tratto attrezzato di facile percorrenza. Verso quota 1970m è possibile abbandonare il sentiero e risalire sulla destra i prati che mirano a forcella Rinsen, dapprima lungo un canale e quindi per i resti di quella che fu una mulattiera.
L’anello da noi realizzato risulta sconsigliabile per la pericolosità della discesa che dev’essere affrontata unicamente se esperti di questi tipi di terreni (ghiaioni ripidi dal fondo inconsistente). E’ opportuno, senza dubbio, rientrare a Cima Sappada attraverso la via di salita, il sentiero CAI 321 e la pista di sci.
Difficoltà: E (breve tratto E.E.) – Dislivello: 870m Tempistiche: dalle 4 alle 5 ore per l’anello completo.