27.10.2016
I piccoli contrasti della natura si creano soprattutto d’autunno, quando la vita sui monti lascia il passo alla fredda solitudine della stagione invernale. Contrasti ingigantiti dalla stranezza di taluni fenomeni, nascosti all’occhio disattento di chi passa veloce, capiti da chi, nel proprio incedere per terre alte, ripone attenzioni preziose a quello che lo circonda.
Oggi vago solo, per bisogno o per mancanza d’altro il risultato è questo: sui sentieri della Val Alba a far muovere foglie solo i miei passi. Circondato da silenzi interrotti dal fruscio del vento sulle fronde e dal cadere delle foglie a terra che vanno aumentando il morbido pavimento colorato che già ingombra l’andare, prima di passare il testimone alla dama bianca che a breve ricoprirà tutto questo. Un mio caro amico da molto lontano un giorno m’ha scritto “è impossibile in autunno camminare tra gli alberi ed essere di cattivo umore allo stesso tempo”, ed effettivamente è così. Procedere su questo sentiero, in questo bosco di latifoglie, in questa giornata dove convivono contrasti forti mette di buon’umore seppur un’uscita pomeridiana come la mia oggi offra sempre la sensazione di una “toccata e fuga”, quasi una cosa proibita e vietata.
Volevo rimettere il naso in Val Alba, una riserva naturale del comune di Moggio Udinese in cui manco da almeno 15 anni, memore della traversata di cresta che mi condusse con mio cognato verso lo Zuc dal Bor. Tracce sfocate della memoria ricordano una lunghissima discesa su pendii ripidi ed erbosi – null’altro.
Oggi miro al Chiavals, cima minore di quella lunga dorsale un pò appartata che, vista dal fondovalle, appare come una muraglia selvaggia merlettata di rocce e boschi scuri sopra all’abitato di Moggio.
Cammino veloce lasciando l’auto al piccolo piazzale, basta girare l’angolo del pendio per estraniarsi dalla civiltà ed entrare in un Mondo del tutto singolare. Il sole è ancora calore a queste quote, relativamente basse, e la giornata limpida aiuta ad entrare in sintonia con ciò che mi circonda. La via taglia in quota questi boschi traversando sopra alcuni dirupi che mostrano il fondo della valle dove scorre un torrente le cui acque rassomigliano più a dei nastri d’argento. Il tempo s’è fermato qui, tra gli enormi massi che punteggiano questo bosco dai colori caldi e dagli ampi spazi. Un bosco a misura di fantasia.
Il sentiero si mantiene costantemente in quota mentre l’alveo del ruscello si fa via via più vicino, vuole avvicinarsi e raccontare ciò che porta in grembo. E’ da qui in poi che vivrò pienamente le impressioni d’autunno di questo angolo di montagna.
Il sentiero oltrepassa un greto oramai secco, la chiacchiera lieta e continua dell’acqua si sente appena, oramai in lontananza. Il bosco che vado risalendo è una festa, tutto è amichevole e si mostra bello, slanciato, addolcito. Ai miei passi coincidono milioni di applausi prodotti dalle foglie secche calpestate che giacciono a terra. Cantano e applaudono il passante, salire con un tifo da stadio non mi era mai capitato.
Mi trovo immerso in una faggeta dagli spazi ampi, misurata nelle dimensioni, rispettosa della vita vegetale delle migliaia di esemplari che vi fanno parte e che partecipano oggi alla festa. Sono tutti alti, parecchio alti, fieri e tondeggianti. Non un ramo fuori posto.
Più su un gruppo di piante più giovani gioca al mimo: un ramo si fa improvvisamente proboscide d’elefante indiano, dalla curvatura all’insù e la pelle rugosa e chiara.
Poco più in là due vecchi amici sostengono a vicenda il peso dei loro anni, un abete e un faggio abbracciati vedono scorrere le stagioni verso il Vualt. Lo fanno oramai da parecchi decenni, sembrano felici.
Altri abbracci legnosi si susseguono mentre continuo l’ascesa verso il bivacco Bianchi. Abbracci a più mani, o meglio dire, a più rami. Incantevole da vedere quello di un piccolo esemplare che stringe a se quello che potrebbe essere il genitore, tronco enorme dalle fattezze austere e regali.

L’ascesa spensierata termina in corrispondenza del cambio di versante, mentre passo dai caldi raggi del sole alle lunghe ombre buie di un bosco fattosi tristezza. Fa freddo, nella temperatura e nella sensazione che mi offrono questi alberi stentati, parenti lontani di quelli visti fino a poco fa.
La scolaresca di grotteschi esemplari sbilenchi pare sedata nell’entusiasmo da arcigni esemplari di larice che giacciono agli estremi di questo Mondo buio. Loro sono i guardiani, comandano e fanno ciò che vogliono. Impongono la loro Legge. Gli viene facile innalzare le chiome al sole mentre attorno la tristezza divampa infinita. Le condizioni indegne hanno costretto quest’angolo di bosco a vegetare in maniera grottesca, bitorzoli d’albero che non cresceranno mai perché privati del calore di un sole che non li vuole vedere. Alcuni hanno preferito farla finita e lasciarsi andare, giacciono a terra radici all’aria. Sono pronti per offrire la loro intimità al signore della Val Alba, il picchio nero che ne perforerà una dignità mai avuta.

Mi affretto, voglio lasciare questa zona triste e guadagnare i panorami aperti verso la cima. Più su il sentiero si fa mulattiera a curve strette e cenge per oltrepassare una zona di rocce e canali. Saranno i prati e i mughi delle quote a darmi il benvenuto nei pressi del pianoro dove sorge il Bivacco Bianchi. Quassù di certo la frenesia del Mondo non arriva e non resta che fare una pausa contemplando dalle grosse panche di legno antistanti il rifugio un “panorama mozzafiato” (questa è dedicata a Simonetta) che si perde fino alla pianura friulana.
Guardo su. Il Chiavals è poco oltre, se ne intuisce l’antecima contesa dai mughi tra rocce e prati stinti. Salirò lassù, oramai questo è l’unico pensiero.


Guidato dai segnavia rossi/gialli dell’Alta Via CAI di Moggio raggiungo la sommità di questa dorsale.
Non voglio altro, questo è quello che basta per avere in tasca un pezzo di felicità.
Omarut
INFO UTILI: Il M. Chiavals è inserito nella remota Val Alba, riserva naturale della regione Friuli Venezia Giulia.
Per raggiungere la cima a 2098m è consigliabile parcheggiare nei pressi del divieto di percorrenza dei mezzi a motore presso un piccolo spiazzo ghiaioso sulla strada che dall’abitato di Pradis (Val Aupa) conduce verso il rif. Vualt (indicazioni in paese). Attraverso i sentieri CAI 428a e 428 vanno seguite le indicazioni per il Biv. Bianchi risalendo dapprima degli splendidi boschi e poi, più decisamente, i pendii rocciosi che portano alla conca del bivacco in vista delle pareti occidentali del gruppo del Zuc dal Bor. Proseguire lungo il sentiero che mira alla forcella Chiavals (resti della prima guerra) abbandonando il sentiero principale per salire i ripidi prati di sinistra (segnavia rossi e gialli) e quindi la cresta finale che porta alla cima con un paio di passaggi più esposti.
Difficoltà: E (breve tratto E.E.)
Dislivello: 1050m
Tempistiche: dalle 3 alle 4 ore per l’ascesa, 2 ore il rientro.

grazie Omar, sempre una garanzia
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è sabato e fuori piove, peccato perché appena finito di leggere il ralcconto mi é venuta subito vogli d’andare a ricercare quell’angolo di serenitá che trovi nelle tue ” toccata e fuga”. grazie Omar sei una fonte d’ispirazione 😉
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