L’importante è segnarsela sul diario se non va; e poi ritornare per terminare quello che si era iniziato. Perché questo è lo spirito giusto per affrontare qualsiasi salita. Facile o difficile che sia. E quando dicono che la montagna è una scuola di vita, alcune volte ci prendono pure. Specie quando arrivi al punto di dover rinunciare a qualcosa che avevi programmato e messo nel cassetto dei progetti – di sogni ce ne devono essere pochi per non abusarne – da un po’ di tempo.
Questa Valle mi ha insegnato già più volte che non esistono certezze quando lasci la quotidianità e ti inoltri in quella splendida parola che tutto racchiude in se. MONTAGNA.
Oggi ci riprovo. Questa ferrata Cassiopea al torrione Comici è la mosca bianca nell’elenco delle mie salite. Mi sono reso conto che ho salito in Carnia tutte le vie ferrate, e manca proprio questa per chiudere quel famoso cassetto e scriverci un bel “fatte tutte”.
La mole del torrione Comici ti colpisce già dal fondo della valle, questa Val di Suola dove il tempo di consumarle, le suole, c’è tutto. Come la volta scorsa, a memoria più di 15 anni fa, colto dalle vesciche – per la prima e unica volta nella mia modesta vita da montanaro – poco oltre il rifugio. In una giornata dalla gran calura, simile all’attuale che condivido con Tiziana. Poco dopo il rifugio Flaiban-Pacherini dovetti alzare la bandiera bianca e ritirarmi mestamente.

Oggi le ghiaie bianche del fondovalle, che il sentiero risale lungamente, ardono ed accecano. Fa un caldo inusuale, si suda pure da fermi. Forse per questo cerchiamo di salire in fretta, in cerca di un refrigerio agognato che, per ora, pare un miraggio.
La Val di Suola è un modo diverso di mettersi alla prova ed entrare in questa montagna in punta di piedi. E’ un sentiero che risale lento quello che le cime si sono tolte e hanno voluto abbandonare. E’ salita che parte lenta dai prati del paese e lascia tempo ai passi e ai pensieri. E’ un cambio di scena senza traumi, cosicché ti ritrovi alla base delle pareti, quelle vere, che nemmeno te ne sei accorto seppur siano passati già 6 km dalla partenza.
Il sentiero sale ripido sotto al torrione Comici, un ascesa su ghiaie e larghi canali detritici in cui mi sento particolarmente a mio agio perché memore di un passato poco lontano dove quasi ogni sera andavo incontro al buio sui ghiaioni che mi sorvegliavano dall’alto del rifugio. Le Dolomiti Pesarine distano qualche kilometro ma è lì che ho passato sentieri e ghiaie prendendo confidenza con questi percorsi smossi, continuamente in cerca di un punto di gravità permanente. Alcuni passaggi più ripidi ci conducono al passo del Mus, a 2063m, dove la potenza di queste montagne ci pervade. La natura addolcita delle basse quote è solo un ricordo e gli ultimi fiori gialli, pionieri resilienti, adornano le ghiaie più alte dove tutto nel breve diventa parete verticale. E noi a queste miriamo, a quella cuspide di roccia slanciata che è il Torrione Comici, che dista pochi passi e molti sguardi.



Dolomiti solitarie queste, a margine di quel simbolo di bellezza che trova in questi mesi uno sfregio di fondo a quello che dovrebbe essere l’appartenenza al marchio patrocinato dall’Unesco. Con le solite scuse dello sviluppo delle zone alpine, dell’incremento occupazionale a fronte del decremento demografico, sono in corso opere di deturpazione estrema a quelle montagne che, dalla mia posizione odierna, posso scorgere verso nord. Opere di deforestazione, realizzazione di impianti e piste, strage di un ambiente che dovrebbe essere tra i più tutelati del pianeta. E invece..
Dolomiti solitarie queste, penso mentre mi imbrago, cime friulane che non conosceranno mai questi scempi, per fortuna. Troppo discoste dai centri turistici di prestigio, troppo lontane dalle autostrade, dagli agii del fondovalle, dalle stazioni delle funivie. Spettacolo riservato a chi ama discostarsi dalla folla e dai luoghi preparati ed addolciti per quelli che in verità la montagna la vedono come puro bene di consumo.

All’ombra di questo enorme gendarme di pietra l’atmosfera subito muta. E’ il potere delle pareti nord, angoli dove il sole raramente arriva con i suoi raggi, spazi duri e freddi dove chi s’avventura è messo a nudo. Deve piacere questo ambiente altrimenti lo si trova ostile, sempre comunque freddo e repulsivo.
Il percorso comincia lungo una cengia scavata nella roccia, ad aggirare verso sinistra la prima parete basale. Le attrezzature sono buone seppur i punti di ancoraggio siano ben più distanziati di altri percorsi più recenti. Aggirata la costola proseguiamo spediti per gradoni più verticali su roccia buona. A lato delle attrezzature non posso fare a meno di notare degli spit, segno che qualcuno percorre queste pareti arrampicandosi. Sarebbe bello, ma oggi siamo formiche che risalgono il filo che qualcuno ha teso verso la cima. Il percorso procede con una S, l’esposizione va aumentando e da qui si vede tutta la val di Suola appena percorsa. Seguono pareti e passaggi molto divertenti, alcuni più atletici dove aiutano la progressione dei pioli un po’ discutibili: a forma di V, in ferro lucido, non oso pensare ad un’eventuale caduta..




In due punti la via di salita incrocia quella di discesa, manteniamo la sinistra sulle pareti più verticali. E’ una ferrata divertente, non c’è dubbio. Esposta e a tratti atletica, non per tutti insomma. Dopo una placca verticale guadagniamo le rocce di vetta. Il cavo è continuo e porta a scendere in direzione opposta a quella di salita. Breve pausa e si scende. Dapprima per l’esile cresta a guadagnare una cengia nuovamente sul lato nord della torre. Il tracciato interseca la via di salita e procede oltre intercettando un ripido canalino che, grazie alle solite staffe a V per i piedi, fa perdere velocemente quota in vista dei ghiaioni dove la torre affonda le sue radici. Il percorso rientra attraverso un profondo intaglio alla prima parte della ferrata, guadagnare l’attacco è un attimo. Incontriamo una tedesca solitaria che ci chiede se la ferrata è facile. Rispondo non proprio facile, ma bella, quello si.
La discesa scorre come tutte le discese, alternando momenti di soddisfazione per quanto raggiunto, di tristezza perché si lasciano certi ambienti e si torna alla vita di ogni giorno e silenzi. Passo al rifugio Flaiban-Pacherini per un veloce saluto ai colleghi d’un tempo. Sono attimi sereni, lo scambio diretto di pensieri con chi vive la montagna senza fronzoli è una di quelle cose edificanti che tutti dovrebbero provare, con il giusto rispetto, per capire cosa voglia dire veramente essere montanari. In questo rifugio lo sanno di certo!

INFO UTILI: la ferrata Cassiopea si sviluppa sul Torrione Comici, torre dolomitica che sta a capo della Val di Suola. L’attacco della via attrezzata è raggiungibile da Forni di Sopra (località Davost presso i campi da sci a 880m) attraverso il sentiero CAI 362 che risale a lungo la valle passando nei pressi del rifugio Flaiban Pacherini a quota 1587m). Dal rifugio il sentiero prosegue in maniera più ripida verso l’intaglio del Passo del Mus a quota 2063m. Risalendo verso oriente le tracce di sentiero ben evidenti verso il torrione Comici, in breve, si arriva all’attacco della ferrata nei pressi di un grosso masso (indicazioni con cartello). 3.30h fin qui.
La ferrata è classificabile come D – Difficile per la tipologia di passaggi che si incontrano e l’esposizione di alcuni tratti. Il percorso è piuttosto breve in quanto la salita impegna per circa 30-40 minuti (la quota massima raggiunta sono i 2267m della cima) e la via di discesa si discosta in alcuni tratti da quella di salita rendendo il percorso più interessante. Consigliata unicamente a persone allenate e in buona forma fisica. Necessario kit da ferrata e casco.
Per l’intero percorso A/R calcolare circa 7.30h – Persone allenate possono considerare una tempistica media di 5h.
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